Si tratta di un poderoso ornamento posto al centro della piazza IV Novembre. Esso fu costruita come fontana pubblica dal Marchese Rappini alla fine del XVII con pietra calcarea locale. Imponenti i due leoni che sornionamente sdraiati, offrono dalle loro fauci l’acqua ai cittadini. Il monumento è sormontato da un’aquila bronzea con ali aperte e minaccioso rostro adunco che afferra un guizzante serpentello. L’aquila e il serpente compongono lo stemma gentilizio.
Al centro della piazza de Magistris, nell’anno 1866 papa Pio IX fece costruire una fontana monumentale servendosi dell’architetto Tito Armellino. L’acqua vi arriva per caduta libera dalla lontana sorgente sant’Angelo, in territorio bassianese. La fontana consta di un basamento ottagonale su cui insiste un’altra struttura ottagonale su cui insiste un’altra struttura ottagonale di minori dimensioni.
Dalle facce più piccole si dipartono 4 cannelle versanti acqua nelle sottostanti vaschette a forma di conchiglia. Le altre facce presentano 2 stemmi con cappello cardinalizio e 2 epigrafi che ne ricordano la costruzione. Nella parte superiore c’è un’ampia coppa dal cui centro s’innalza uno zampillo d’acqua.
La fontana era circondata da una robusta cancellata in ferro battuto, tolta ed offerta alla patria durante la II guerra mondiale. Negli anni ’50, essa subì nuovi affronti allorché vennero asportate le 4 fontanelle laterali.
Si tratta di un gigantesco monumento posto al centro del parco della Rimembranza, appositamente creato. Esso è opera dell’artista Massimo Gallelli ed è stato eretto nel 1925.
La scultura, in bronzo, raffigura un robusto soldato nell’atto di baciare la bandiera: la sua figura si presenta sinuosa, gravitante sulla gamba destra, mentre la sinistra sfiora il basamento, mettendo in evidenza lo slancio del soldato che culmina nel terreno gesto del bacio. La statua è posta su di un grosso blocco marmoreo di colore bianco.
Col termine locale di “Grotte” si intendono genericamente antiche strutture a camera con volta botte. Le “Grotte” sono resti sontuosi di una villa a terrazze a più piani, di 3000 metri, che alcuni hanno creduto appartenente ad Augusto e che altri hanno identificato come terme, attribuendole allo stesso imperatore. Rimangono allo stato attuale due piani: quello inferiore consiste in una serie di dodici ambienti (forse cisterne) di sostruzione con volta a botte, costruiti in opera incerta, che si aprono sul davanti con archi a tutto sesto e insistono su piedritti in opera quadrata. Il piano superiore è formato da due corridoi affiancanti e comunanti, probabilmente criptoportici di sostruzione per un piano superiore; quello esterno si affaccia con eleganti finestre e un arco a tutto sesto a conci radiali sull’ampia terrazza antistante, che guarda la pianura fino al Circeo. Dal corridoio più interno si accede ad una serie di ambienti, alcuni adibiti a cisterne, dei quali un vero gioiello architettonico è l’elegante ninfeo a camera quasi quadrangolare, con nicchie lungo le pareti, sormontate da una raffinata modanatura. la costruzione risale al I secolo a. C., ma in età adrianea subì delle modifiche e dei riadattamenti, di cui rimangono tracce nel piano inferiore nelle strutture in opera mista e altre in opera letirizia, che hanno racchiuso in facciata e ristretto interamente sei dei dodici ambienti di cui si è già detto. Sono situate sulla strada Statale Monti Lepini, alle pendici del paese.
Si tratta di un grande basamento rettangolare addossato alla collina, largo circa 80 m., lungo 23, alto circa 8, costruito in opera quadrata con un bel bugnato nel II secolo a.C.. In una fase successiva a quella dell’originaria costruzione tale struttura ha subito un ampliamento: infatti l’altezza dell’opera quadrata venne aumentata di circa m. 2,50, mediante un’aggiunta di opera incerta; inoltre alla parete frontale del basamento furono addossati nove ambienti con volta a botte, che si aprono in facciata con archi a tutto sesto: questi sono stati costruiti in opera cementizia con rivestimento in opera incerta e probabilmente adibiti a cisterne. Gli archeologi del XVII sec., impressionati dalla notevole mole dell’edificio, non esitarono a definirlo come il tempio di Saturno, ma in realtà si tratta probabilmente di un’opera di difesa posta lungo la via che conduce a Porta Romana, che poi, ampliata dalle strutture in opera incerta, venne a costituire il basamento per una villa di tipo intermedio tra il rustico e il monumentale.
Nei pressi dell’arco di San Lidano, lungo il tratturo Caniò, sul finire degli anni Ottanta scavi sistematici hanno riportato alla luce una vasta area archeologica con resti del tempio arcaico dedicato a Giunone Regina, risalente al IV-V secolo a.C.
Si possono ammirare i resti dell’epistilio con iscrizione, rocchi di colonne, capitelli, elementi architettonici. Dallo scavo sono emersi numerosi ex voto di terrecotte o bronzo, monete, frammenti di ceramiche, lucerne: il tutto conservato presso l’Antiquarium di Sezze.
Attualmente i ruderi, in località Acquaviva, rimangono alle estremità di una vasta spianata, che doveva essere la platea della costruzione. Verso ovest vi è una struttura di sostruzione sotterranea, adibita a cisterna, in opera cementizia in parte rivestita in opera reticolata e con volta a botte. Sul lato est sono visibili i muri perimetrali, con rivestimento in laterizio, di un ambiente a pianta quasi quadrata. Sparsi sul terreno o in considerevoli mucchi si vedono numerosi resti dei marmi che abbellivano l’edificio (marmi di vari tipi e colori, dal porfido al verde cipollino) e abbondante materiale fittile.
Si tratta dell’antica stazione di posta della via Appia. “Forum Appii” è celebre per l’incontro dell’apostolo san Paolo, prigioniero proveniente da Cesarea della Palestina , con i cristiani romani (Atti degli Apostoli), ed anche per i simpatici versi del poeta latino Orazio.
Nel luogo si possono ammirare ancora: il miglio romano XLIII, un grande colpo onorarlo, numerosi frammenti architettonici ed anche un bel ponte sul fiume Cavata con arco a tutto sesto.
Ad est di Sezze si erge ripido sulla pianura pontina il monte Trevi (m. 505 s. l. m.). alla sua sommità si ammirano le rovine del castello medievale omonimo: accanto all’abitazione del signore vi erano le case dei sudditi, i granai, le cisterne ed anche un monastero di Clarisse fondati nell’anno 1313 dietro approvazione di papa Clemente V. Il castello era circondato da robuste mura, ancora visibili. L’edificio appartenne ai De Ceccano, poi a Ladislao re di Napoli e per ultimo alla famiglia Pagani. Sul finire del secolo XV il castello venne distrutto.