La Chiesa di Santa Maria del Popolo, a Carpineto Romano, risale al 1483 ed è stata sottoposta nel corso del tempo a diversi interventi di restauro. La costruzione avvenne come atto di ringraziamento a Dio e alla Vergine che avevano liberato il paese dal terribile flagello della peste. Nel 1657, l’Immacolata Concezione fu dichiarata patrona di Carpineto e venne posto sull‘altare maggiore un suo grande quadro con lo stemma del comune. Davanti alla chiesa si innalza un portico a cinque fornici formati da pilastri; in quelli centrali si notano teste di animali, probabilmente un cavallo e un cammello. La facciata presenta un portale rinascimentale in pietra locale, sormontato da un rosone a quadrifoglio. Sul frontone si ammira un bassorilievo della “Madonna in trono col bambino“; lateralmente, sotto un arco in pietra, sostenuto da mensoline ornate di acanto, un‘altra Madonna che sorregge il Bambino in piedi. Nell‘interno, oltre la cappella del Rosario, dove si ammira un affresco di grandi dimensioni che si ispira alla battaglia di Lepanto, vi è la cappella di San Rocco che presenta un’interessante ciclo scultoreo in pietra locale ad altorilievo, composta da quattordici figure. Ai centro un “trittico” sostenuto da tre esili colonnine: vi è raffigurato San Rocco con due angeli in adorazione; al di sopra l’immagine di una “Madonna col Bambino in braccio”. Accanto al trittico centrale s’innalzano due pilastri sui quali erano scolpiti quattro apostoli: San Pietro, San Paolo, San Bartolomeo e San Simone. Un‘Annunciazione con angelo dialogante a distanza si spazia nell’arcosolio dalle linee rinascimentali, mentre sulla cimasa tre angeli assorti guardano lontano. La chiesa è localizzata nelle vicinanze di Piazza A. Camaiti.
Documentata dal secolo XIII, la chiesa è dedicata a Sant’Antonio Abate, protettore del mondo degli animali e retta da un priore degli Antoniani; nel secolo XIV passò agli Eremitani di Sant’Agostino, che lo abitarono dandogli il nuovo titolo. Gli Eremitani di Sant’Agostino o Agostiniani la abitarono ininterrottamente fino all’epoca Napoleonica, allorché il convento e le proprietà agricole vennero confiscate. Ricomprati a suoi beni dalla famiglia Pecci, Leone XIII ampliò chiesa e convento, trasformato in ospedale. A causa di alcuni problemi logistici, lo stabile venne riconsegnato agli Agostiniani, che ancora lo hanno in cura. Del secolo XIII – XIV si conservano due protiri e due portali: uno, con leoni stilofori che sorreggono due colonnine, la trabeazione in cui sono scolpite una Crocifissione, Madonna e santi, e allusive favole di Fedro; un secondo, con protiro a cuspide, lunetta con Madonna in trono, santi, simboli dei 4 evangelisti e stemma del cardinal Annibaldo de Ceccano. Accanto epigrafi dell’epoca.
All’interno si possono ammirare una capriata lignea con arco trionfale e presbiterio con pala d’altare di Sant’Agostino, opera di Tito Troja, che ne affrescò anche il catino con il trionfo dell’ordine Agostiniano e la liberalità di papa Leone XIII, attorniato dalla corte pontificia. Nel presbiterio, un organo svizzero, dono della diocesi di _San Gallo al pontefice carpinetano.
Il complesso è situato nella via omonima.
Tipico esempio dell’arte sacra dell’alto Medioevo, posizionata lungo la strada principale di quel periodo, “jo curso” (oggi Corso Vittorio Emanuele); all’interno si può ammirare una “Flagellazione” ascrivibile a Giulio Romano. Ina una cappella si trova un ciclo pittorico del “martire San Lorenzo” del XVI secolo. Interessanti alcune epigrafi e tombe serragne del secolo XIV.
Innalzata per volontà popolare tra il 1750 ed il 1772, su progetto di Domenico Schiera e maestranze locali, la chiesa dei santi Giovanni Battista e Giovanni Evangelista fu eretta in Collegiata nell’anno 1772 con bolla mdi Papa Clemente XIV. Nella metà del secolo XIX la sua facciata, in stile tardo barocco (con timpano, paraste e torre campanaria), venne realizzata dall’architetto Francesco Fontana; altri lavori vennero eseguiti al tempo di papa Leone XIII. Nell’anno 1921 la chiesa verrà intitolata al Sacro Cuore di Gesù. La chiesa Collegiata, che accoglieva una diecina di canonici fino ai primi del XX secolo, con funzioni amministrative e parrocchiali, assorbì tutti i diritti patronali della vicina parrocchia di San Michele Arcangelo, trasformata poi in sede di confraternita.
La chiesa, nel cuore di Carpineto (in Piazza Regina Margherita), presenta una struttura massiccia e imponente con tre portali, in pietra calcarea, opera di scalpellini locali. Gli interni sono a pianta centrale con pilastri sorretti da paraste su cui poggia una cupola con tiburio. Il presbiterio è stato recentemente arricchito da mosaici, con un Sacro Cuore benedicente la cittadina di Carpineto; ai lati, quadri dei due antichi titolati, Giovanni Battista e Giovanni Evangelista, opera del Gagliardi (sec. XX). Gli altari laterali e le due cappelle presentano quadri di fine secolo XVIII: interessante l’altare a sinistra con un quadro dell’Immacolata Concezione, S. Antonia da Padova e S. Rocco. A ricordo delle tre confraternite laiche di Santa Maria del Popolo, le cui finanze permisero l’erezione in collegiata. Sui pennacchi della cupola sono affrescati i quattro santi protettori di Carpineto, opera pittorica dell’Adami e del Monti. A ricordo del pontefice Leone XIII, una statua marmorea benedicente, opera di Giuseppe Luchetti (autore di altre identiche statue presenti a Roma, Perugia e New York).
Nell’anno 1610 il cardinale Pietro Aldobrandini, signore di Carpineto, e l’Amministrazione del tempo fondarono alle pendici del Capreo e dirimpetto dell’abitato un convento in onore di San Pietro Apostolo. Vi operano i Francescani della Provincia Riformata, detti anche Zoccolanti, che aprono uno “studio generale” di filosofia e scienze di grande fama, come attesta San Carlo da Sezze, che vi soggiornò alcuni anni (nella parete della chiesa si ammirano dei sui quadri). Durane l’età napoleonica e successivamente dopo l’unità d’Italia essi vennero allontanati e reintegrati nell’epoca leonina. Accanto venne costruito un ospedale. Oggi essi lo hanno abbandonato per crisi vocazionali.
Il corpo del fabbricato, ubicato nell’omonima piazza, presenta tre strutture di epoca differente: quella centrale d’inizio XVII (1610 – 1629) è la chiesa con convento; quella di destra è il cappellone di San Francesco (1855); quello di sinistra è l’ospedale voluto da papa Leone XIII ( oggi casa di riposo Leone XIII).
La facciata della chiesa di San Pietro Apostolo, ricoperta di travertino negli anni ’50, presenta il timpano con inscritto l’apostolo Pietro. L’interno, ad una navata e volta a botte, presenta un alate ligneo con due grandi armadi reliquari e pala di ignoto rappresentate “il potere delle chiavi”; lateralmente, due cappelle con statue lignee, opera di fra Stefano da Piazza Armerina (1685): a destra i “Sette Dolori di Maria”, a sinistra un “Cristo crocifisso” dalla forte drammaticità.
Tali statue nel sec. XVII venivano ricoperte da due quadri secenteschi (attualmente posti sulla parete): “Le stimmate di San Francesco”, attribuito al caravaggista francese Simon Vouet, e “L’Immacolata”, attribuito a fra’ Diego da Tavello. In fondo alla chiesa vi è una statua marmorea di G. Duprè offerta dal Terzo Ordine Francescano a Leone XIII (ne fa fede anche una tempera dell’Adami che si ammira nel presbiterio unitamente ala miracolosa nascita del padre del pontefice). Nella sagrestia si conservano i grandi armadi in noce, opera di fra’ Silvestro di Roma (inizio sec. XVIII). Da essa si può accedere al bel chiostro d’inizio secolo XVII, con una grande cisterna centrale ed armi del cardinal Pietro Aldobrandini e 28 lunette affrescate con la storia di San Francesco, opera di Francesco Serbucci di Tivoli (1685).
Da qui si può ammirare l’orto – giardino e la selva di alberi secolari, una volta sostegno della famiglia religiosa francescana.
La più importante istituzione ecclesiastica, con antico titolo arcipresbiterale, allorché nel secolo XIII i Canonici Lateranensi erano i “domini” di Carpineto.
Fortemente rimaneggiata sotto il pontificato di papa Leone XIII, dell’antico arredo rimangono solo due “olea sancta” con lo stemma del cardinale Amato Conti, signore di Carpineto (secolo XV). Vi si accede da una ripida gradinata. Il portale con le sue formelle di bronzo (opera dello scultore anagnino Tommaso Ambrosetti) racconta la storia religiosa dell’Ordine Carmelitano, che nella casa presbiterale hanno posto da un ventennio un importante monastero femminile intitolato a Sant’Anna.
L’interno, a pianta basilicale absidata, ha tre navate scandite da archi. Nel catino vi è una Madonna circondata dai santi titolari, opera dell’artista Virgilio Monti. La custodia della chiesa è affidata alle Suore Carmelitane di stretta clausura.
Voluta da papa Leone XIII, venne innalzata, sulla piazza che poi prenderà il nome del pontefice, nell’anno 1882 dall’architetto Francesco Fontana, in sostituzione dell’antica chiesa abbaziale di San Nicola di Bari. In stile neoclassico, presenta tre ingressi con pronao tetrastilo sormontato da un timpano: l’interno è a pianta basilicale con tre navate a volta a botte, sorrette da colonne corinzie su cui insistono i matronei.
Sulle navate laterali si affacciano quattro cappelle con pale d’altare di pittori perugini: esse alludono alla religiosità leoniana. Sull’altare maggiore si eleva una grandissima Pietà marmorea del Sosnowski e, nel catino, campeggia la Madonna Del Rosario, con i santi titolari (San Leone Magno e San Nicola) e devozionali del pontefice (San Giuseppe e San Gioacchino). Esso è opera di Virgilio Monti.
Sita nell’omonima via, nella parte “dammonte” del paese, una volta “extra moenia”.
Originata nel secolo XVII da una cona intitolata a San Sebastiano ed appartenente all’omonima confraternita sita in Santa Maria del Popolo. Dal secolo XVIII verrà officiata dai canonici della Collegiata.
Nell’anno 1902 papa Leone XIII la restaurò parzialmente. Essa presenta una facciata in pietra scalpellata ed un piccolo campanile, opera dell’architetto Berucci. E’ a pietra unica con piccolo ambiente laterale adibito a sacrestia. Ha una volta lignea e sull’altare un cartone romano dell’Ottocento rappresentante i santo martire Sebastiano.
Dopo la Grande Guerra, fu luogo in cui confluirono i Combattenti e Reduci.
Eremo del XVI secolo è situato sulla sponda sinistra del fossato di Valle Casale presso l’omonima sorgente d’acqua. Data la distruzione dell’eremo nel secolo XVII, nell’anno 1786 venne innalzata la nuova chiesetta rurale ad opera di privai cittadini, come ricordano alcune epigrafi, tra cui una scolpita dalla mano del giovane Gioacchino Pecci, poi papa Leone XIII. Nell’anno 1887 si ebbero altri restauri, con navatella unica, tetto a capriate, ed altari con quadri e pitture di Gaetano Nenci. Vi si accede da un’ampia gradinata calcarea con un portico in cui si trovano le epigrafi. Accanto un bel campanile in pietra calcarea.