Il marrone è il prodotto regale di questa antica e nobile città lepina. In questo settore Segni vanta alcuni primati: il 7% dei marroni raccolti in Italia proviene da queste terre, il 70% dei marroni del mondo è italiano e quindi, il 4,9% di quelli prodotti nel mondo è segnino. La produzione annuale si aggira intorno ai 20 mila quintali. Il frutto si caratterizza per un’ottima pezzatura e le bucce si separano facilmente. E’ ricco di zucchero, di amido, proteine, grassi, sali minerali e vitamine C. Può entrare nelle diete di ogni fascia d’età. Ha riconquistato un giusto ruolo alimentare perché è un frutto tipico e genuino. Con la sua farina, la cucina lepina, e quella segnina in particolare, riesce a creare piatti e dolci originali ed appetitosi. Per l’alto valore dietetico, per l’esclusiva sapidità del frutto, per l’importante valore ambientale e paesaggistico dell’albero del castagno e per rilevanza economica legata al settore castanicolo, è stato elaborato ed avviato un progetto di richiesta per il riconoscimento IGP per il marrone segnino dei Monti Lepini. Inoltre per il risanamento e conservazione dei castagneti, per la valorizzazione e commercializzazione di questo patrimonio, è nata la Cooperativa del marrone segnino. Qui e presso i singoli produttori si possono acquistare i pregiati frutti autunnali. Sempre ottimi sia lessati che a caldarrosta.
Per lunghi anni, se non addirittura per secoli, è rimasto nascosto sotto pochi centimetri di terriccio, un vero tesoro: il tartufo nero dei Monti Lepini. Certo, gli antichi romani ne facevano uso, così come lo utilizzavano gli scalchi delle corti rinascimentali. Ma solo negli ultimi decenni è stato riscoperto ed è divenuto un ingrediente accessibile anche al grande pubblico, pur in dosi limitate. Ed oggi, si può dire che non vi sia ristorante, non vi sia sagra o evento gastronomico che non lo includa nel proprio menù. I tartufi che si raccolgono nel territorio segnino, hanno le stesse proprietà e caratteristiche di quelli di Carpineto e di Montelanico. Si deve parlare, insomma, più correttamente di tartufo lepino. Il nero pregiato (tuber melanosporum) matura nei mesi invernali. E’ ottimo ma ha costi elevati. Più accessibile è lo scorzone estivo. Il loro sapore e il loro profumo si esaltano se sono accompagnati con l’olio extra vergine lepino.
La coltura delle olive ha una lunga tradizione. In zone collinari ed assolate, vengono coltivate oltre 30.000 piante di olive. Nell’unico frantoio rimasto vengono prodotti in media circa 450 quintali d’olio, che è ottimo sotto ogni punto di vista. Secondo gli esperti, il sapore è ancora più eccellente se le olive vengono raccolte e macinate leggermente in anticipo. L’olio segnino è un prodotto di nicchia: lo si può acquistare direttamente al frantoio al momento della molitura.
Nelle zone montuose e collinari dei Monti Lepini vengono ancora allevati, allo stato brado e semibrado, capi di bestiame ovi-caprini e suini. Le loro carni sono particolarmente saporite. Anche gli abbacchi e i capretti, macellati al momento giusto, hanno carni prelibate, che vengono servite nei ristoranti locali o acquistate direttamente dagli allevatori, previa prenotazione.
Nei loro stazzi o in laboratori messi a norma di legge igienico-sanitaria, i pastori ripetono gli antichi riti della lavorazione del latte. Il latte, filtrato dalle impurità, viene cagliato. A piacere si può prelevare la giuncata, oppure si raccoglie e si compatta il formaggio e si mette negli appositi stampi. L’ultimo frutto è la ricotta. Ottima se è mangiata ancora calda, appena tirata fuori dal siero. I prodotti ancora freschissimi si possono acquistare presso la cooperativa del settore che opera a Segni oppure direttamente dai pastori.
Quando le condizioni climatiche sono propizie, nei boschi e nelle radure nascono numerosi e saporitissimi funghi, che concorrono ad arricchire la già pregiata gastronomia locale. Si raccolgono porcini, ovoli (sempre più rari), galletti, prataioli e chiodini. Ottimi come condimento nei primi piatti e come aromatizzanti nelle carni, li servono praticamente tutti i ristoranti.
L’ampia e fertile pianura della Valle del Sacco è stata da sempre il granaio di Segni. Gli abbondanti raccolti hanno consentito l’affermarsi di una consolidata tradizione nel preparare il pane, la pasta e i dolci. Numerosi sono i forni ove si panifica e si cuociono i dolci. Ma è dentro le case private che le massaie preparano una esclusiva specialità: i fregnaquanti. Si tratta di una tipica pasta all’uovo lavorata rigorosamente a mano. E’ un vero e proprio rituale: si amalgama il classico impasto di farina ed uova e si stende con il matterello. Al punto giusto, le sfoglie vengono arrotolate e con un adeguato coltello, con un colpo deciso e preciso della mano, si tagliano in strisce sottili. Con un movimento delicato e ritmico delle dita si sgomitolano i fili di pasta ottenuti e si lasciano asciugare. Al momento della cottura la pasta sembra che sia poca. Con il bollore dell’acqua la pasta aumenta il proprio volume e, allorché si versa nel piatto di portata, è aneddoto che la donna esclami, con arguzia tutta segnina, “Fregna, quanti sono!”. Sono il piatto caratteristico della tavola locale. Vanno consumati appena tirati fuori dall’acqua di cottura e serviti con abbondante condimento. Sempre gustosi, sia con il sugo di carne, e di cinghiale in particolare, sia con i porcini, i galletti, il tartufo e con rigaglie di pollo ruspante.