Delle più antiche forme di abitazione dei centri lepini poco sappiamo, poiché poco è documentato e nulla è visibile e/o musealizzato. Sono pertanto preziosi i dati scaturiti dalle indagini condotte sul Piano della Civita di Artena, che hanno rivelato le tracce di un abitato, le cui abitazioni risultano abbandonate nell’ambito del primo quarto del III sec. a.C.. In quasi tutti gli altri centri Lepini antichi, nel corso del II sec. a.C. si rileva una generale riorganizzazione delle aree interne delle città, con la costruzione di case private nelle forme oramai canonizzate e a noi più familiari della domus con atrio, talora dotate di peristilio e dunque ispirate all’architettura dell’oriente ellenistico. Dagli esempi recentissimamente rivelati nelle indagini che si vanno conducendo a Norba, verosimilmente risalenti ancora nell’ambito del pieno II sec. a.C., a quelli, assai ben conservati, di Priverno, ornati da splendidi mosaici e riconducibili alla fine del II o agli inizi del I sec. a.C.. Si tratta dunque di un fenomeno non casuale, che sembra essere confermato anche dagli isolati lacerti di pavimentazioni individuati a Sezze, e che va verosimilmente correlato alle notevoli disponibilità economiche delle classi più ricche delle città Lepine che reinvestivano le loro ricchezze nei centri d’origine, sia per la realizzazione e la riqualificazione di opere pubbliche e sacre, sia per le proprie residenze urbane. Se le particolari vicende di Norba interrompono la storia edilizia della città agli inizi del I sec. a.C., è solo la ben indagata Priverno che testimonia una storia edilizia che si protrae fino all’epoca tardo antica e alto medioevale, attraverso fasi di trasformazione, modifica e riqualificazione funzionale.
Artena, loc. Piano della Civita. Gli edifici riportati alla luce, oggi reinterrati e dunque non visibili sul posto, sono di piccole dimensioni, organizzati con successione di tre o quattro piccoli vani, su un lato o su due lati disposti ad “L”, attorno a cortili scoperti e aperti sulla fronte, dotati di pozzi-cisterna, deputati a raccogliere le acque piovane raccolte dai tetti. Se un sopralluogo al Piano della Civita è dunque suggerito per avere una visione d’insieme del contesto paesaggistico nel quale andavano a inserirsi tali residenze e per poter osservare alcuni dei pozzi-cisterna musealizzati, è consigliabile una visita al Museo Archeologico di Artena, dove sono esposti i reperti recuperati negli scavi di queste dimore (sistemi di copertura, decorazioni architettoniche, oggetti della cultura materiale e suppellettili), che forniscono numerosi spunti di discussione e approfondimenti e che evidenziano la natura modesta di questi impianti, più simili a piccole fattorie che a vere e proprie case, nelle quali sembrano prevalere gli ambienti deputati alla lavorazione e all’immagazzinamento dei prodotti derivati da una semplice economia agricolo-pastorale.
Norba. Le recenti indagini hanno rivelato la presenza di un settore adibito a edilizia residenziale nell’area posta immediatamente a NO dello spigolo O dell’acropoli minore. L’isolato, di forma rettangolare, scandito e suddiviso al suo interno da tre muri di terrazzamento in opera poligonale, è delimitato a NNO dal lungo asse stradale che immetteva alla terrazza dell’acropoli e, sul lato opposto, da un alto muro in opera poligonale. All’interno di quest’area si dispongono due domus, orientate in senso NNE/SSO, tra loro adiacenti. Si tratta di case dalla pianta canonica, con atrio centrale, in alcuni casi ampliate, forse alla fine del II – inizi del I sec. a.C., oltre il limite del terrazzamento in opera poligonale, con vani voltati in opera cementizia e paramento in rozza opera incerta. Quella più a ONO era di m. 17 x 22, con pavimento sul marciapiede in cocciopesto decorato da motivo in punteggiato regolare, originariamente coperto da tettoia lignea. Le case hanno mostrato tracce di incendio, riconducibile verosimilmente alla presa della città ad opera delle truppe di Silla.
Privernum (Priverno, loc. Mezzagosto). Vecchie e nuove indagini hanno riportato alla luce, presso l’angolo NO dell’abitato, un settore occupato da ricche domus, risalente alla fine del II sec. – inizi I sec. a.C. e obliterato in epoca più tarda (dopo il III sec. d.C.) da un edificio termale. È consigliabile integrare la visita all’Area archeologica con quella al Museo, dove sono esposte ricostruzioni tridimensionali in computergrafica che aiutano alla comprensione delle complesse vicende edilizie dell’area. Interessante la domus dell’Emblema figurato, che presenta uno schema planimetrico canonico delle case di lusso con atrio e peristilio (ben attestato, ad es., a Pompei), per un’estensione totale ipotizzabile che supera i 2200 mq. L’ingresso, preceduto da un vestibolo, originariamente protetto da tettoia sostenuta da pilastri e direttamente aperto sul terminale di un asse stradale N/S, immetteva all’ampio atrio tuscanico (cioè con tetto displuviato privo di colonne di sostegno) con bassa vasca centrale marmorea per la raccolta delle acque piovane, circondato da vari ambienti laterali e, sull’asse centrale, dalla stanza di rappresentanza, attraverso la quale si accedeva al peristilio (ampio giardino colonnato), del quale è stato riportato alla luce il porticato meridionale e parte di quello orientale; sul primo si affacciavano due camere da letto con soglie in mosaico policromo e banconi interni in muratura a segnare lo spazio per uno o più letti, e, in corrispondenza dell’angolo SE, la sala da pranzo, dotata di una splendida decorazione musiva policroma (oggi a Roma, al Museo Nazionale Romano): la soglia, con motivo a cassettoni, e, il tappeto interno, con cornice esterna con motivo a treccia ed emblema figurato (con scene che si è ipotizzato essere tratte dal dramma antico realizzate in loco su un repertorio ellenistico) inquadrato da fascia con foglie, frutta e maschere della Commedia Nuova; attorno si disponevano a ferro di cavallo i letti dei commensali. Il lato orientale del peristilio era invece affiancato da una sequenza di ambienti, dalla complessa storia edilizia.
Quello più meridionale, presenta tre distinte fasi: alla prima (prima metà I sec. a.C.) appartiene il pavimento a losanghe su sfondo nero, alla seconda (I sec. d.C.) l’ampliamento del vano verso S, con l’aggiunta di un tappetino/soglia con motivo decorativo a tralcio d’edera e tappeto ad esagoni e triangoli, la terza (datazione imprecisabile) con la realizzazione di due tramezzi murari direttamente appoggiati sul tappeto musivo che suddividono la stanza in tre parti. Nel settore centrale dell’abitato è invece collocata la domus della Soglia nilotica. Di questa casa, che nel primo impianto risale alla fine del II – inizi I sec. a.C. (muri in opera incerta), è stato indagato un settore, impostato su un atrio corinzio, sul cui lato N si affacciano ambienti riccamente decorati, riconducibili ai decenni centrali del I sec. a.C.. L’organizzazione delle decorazioni musive ha consentito di comprendere l’articolazione della stanze da letto: la prima, suddivisa in anticamera con soglia a meandro e tappeto con decorazione a cancello e, alle sue spalle, il vero e proprio ambiente notturno, sulla cui pavimentazione a fondo bianco riquadrato, è delineato il tappetino scendiletto a circa 2/3 della stanza, delimitante il luogo in cui era inserito il letto; la seconda, posta nell’angolo occidentale, caratterizzata dalla presenza di due letti, come suggerito dalla disposizione dei due tappetini-scendiletto con decorazione a meandro. Al centro si apriva invece un ambiente di passaggio nel quale si conservavano solitamente gli archivi di famiglia, sontuosamente decorato con uno splendido pavimento musivo policromo, oggi esposto nel Museo archeologico di Priverno: un’ampia soglia con soggetto nilotico (nel quale cioè è raffigurato un lungo tratto del fiume Nilo, animato e popolato da una fitta successione di edifici, piante, animali e figure mane esotiche) nell’apertura verso il portico, e, all’interno, un emblema centrale quadrato, purtroppo scomparso, incorniciato da una larga fascia con motivo cassettonato prospettico e da un’altra più interna con motivo a meandro.