Nel medioevo la piazza era tradizionalmente impostata su criteri di composizione chiusa. Le strade di accesso erano per lo più strette e limitate di numero, spesso, in uno stesso luogo, si svolgevano contemporaneamente diverse funzioni: vi erano le piazze per il mercato, quelle che aprivano sul panorama come belvedere, le piazze d’armi dei castelli e le piazze ad uso prevalentemente religioso, o ad uso amministrativo politico. All’idea di composizione chiusa non si deve associare però un ordine concluso e statico dell’architettura: il medioevo porta la varietà dei tipi, il gioco dei volumi e delle prospettive, i dislivelli e il contrasto fra le funzioni degli edifici. La composizione è quasi sempre asimmetrica, impostata su figure geometriche irregolari e linee spezzate, soprattutto nei centri che si appoggiano ad un colle nel loro sviluppo e sfruttano il dislivello dei piani, su cui le piazze spesso si affacciano come luoghi privilegiati per godere del panorama. Alla fine del Medioevo comincia in molti centri a diffondersi l’esigenza di un ampliamento della rete viaria. Inoltre, dal quattrocento in poi e soprattutto nel Rinascimento, le sistemazioni urbanistiche cominciano a risentire della preoccupazione di inquadrare le piazze attraverso studiate regole geometriche e auree proporzioni. Sarà infine il periodo barocco che porterà allo studio di ulteriori effetti scenografici nella definizione del disegno delle piazze. Gli spazi pubblici e, in particolare le piazze, sono i luoghi della socializzazione e della vita collettiva, l’avvento delle automobili, con l’innegabile vantaggio per la circolazione, li ha stravolti e trasformati in modo indifferenziato in parcheggi. La loro visita tuttavia consente di cogliere le relazioni con le vie di accesso, con la giacitura degli edifici, con le facciate, con la collocazione delle fontane o dei monumenti commemorativi e con il profilo dei monti Lepini, che, a volte, fa da sfondo oltre gli edifici.
Priverno: Piazza del Comune e della Cattedrale. La Platea Communis di Priverno, poi rinominata Piazza del Mercato, viene costruita lungo l’asse cittadino che si forma a ridosso dell’antica via Consolare romana. Sin dalla sua formazione la piazza aveva vari usi: era luogo religioso perché vi si affacciava la cattedrale, luogo per l’amministrazione della giustizia e dei beni pubblici, sede per il mercato settimanale con la pescheria e il macello e di sosta all’ombra dei magnifici melangoli di cui parla Charles De Brosses nel Viaggio in Italia. Alle diverse funzioni corrispondevano diversi livelli: il livello del sagrato, quello della piazza vera e propria, quello dei portici del palazzo comunale e del palazzo Guarini sul lato nord-ovest e infine quello della Consolare, ad est della piazza. La cattedrale di Santa Maria viene consacrata da papa Lucio III nel 1183, seguiranno i lavori per il Palazzo Comunale e, alla fine, quelli per il portico della chiesa e dell’edificio adiacente, la Domus Archipresbiteratus. Per ultimo viene realizzato il palazzo Guarino sul lato nord-occidentale concludendo i tre fronti. La piazza è dominata dalla scalinata della Cattedrale, che sulla destra si piega ad angolo retto fino a toccare la facciata del palazzo comunale, lo spazio è organizzato in funzione della percezione degli edifici pubblici e resta un luogo privilegiato di sosta per godere di quella “veduta diagonale” dall’angolo di cerniera fra Cattedrale e palazzo del Comune che molta letteratura indica per essere la più interessante.
Cori: Piazza Sant’Oliva. Cori si appoggia sulle pendici del colle per una tale estensione che le case basse sono ad un’altezza di 250 metri, quelle alte a 400 metri. Si sale e si scende lungo tortuose vie panoramiche che costeggiano le mura antiche e aprono la vista sulla vallata fino al mare. Dietro la piazza del Municipio, una rampa di scale che curva verso valle porta ad affacciarsi sulla piazza Sant’Oliva. La piazza ha sempre avuto un’importanza particolare nel tessuto urbanistico di Cori: la chiesa di Sant’Oliva è stata edificata sui resti della più antica chiesa cristiana del centro, del IV secolo, a sua volta costruita sulle fondazioni del tempio di Giano. Nella piazza si riuniva periodicamente il Parlamento, assemblea formata da tutti i capi famiglia della città e convocata dal Podestà e dal Giudice su richiesta dei Priori. Il fianco destro della piazza è chiuso dalla facciata della chiesa, in realtà composta da due corpi affiancati, il primo medievale, il secondo quattrocentesco. La sede del Museo della Città e del Territorio occupa gli ambienti del quattrocentesco convento agostiniano e vi si accede dalla piazza e da una cordonata in leggera pendenza. Proprio la forma della piazza, un rettangolo allungato, proteso verso il pendio, e tagliato ai margini in maniera irregolare, rende interessante quest’angolo di Cori, vicino al percorso principale ma nascosto e isolato, che permette una vista straordinaria sul tramonto del sole in fondo alla valle.
Roccagorga: Piazza VI gennaio. Costruita in età barocca, quando al centro di Roccagorga si diede un nuovo assetto urbanistico, ancora oggi resta ad indicare il momento di grande rinnovamento e di sviluppo che, nella seconda metà del 1600, corrispose alla crescita economica del feudo. Gli autori del cambiamento sono prima gli Aldobrandini, poi i signori Ginetti di Velletri. La Piazza risponde alla volontà di creare un sontuoso e simbolico collegamento fra le due costruzioni di riferimento, la Chiesa collegiata dei Santi Leonardo ed Erasmo a nord e il palazzo baronale a sud. Nel 1798, nella piazza viene piantato un albero, per celebrare la nascita della Repubblica Romana. L’albero è stato poi sostituito dal palo di ghisa al centro del disegno dei sampietrini neri che marcano la circonferenza centrale della piazza. La data del VI gennaio ricorda l’eccidio del 1913, quando i contadini di Roccagorga si riunirono manifestando contro il potere costituito. La forma della piazza, una sorta di ovale raccordo fra le due quinte urbane che, con un insieme di scalinate e rampe, portano da una parte alla chiesa, dall’altra al palazzo, serve a completare l’abbraccio con cui i due edifici principali si affacciano sul vuoto centrale. Ancora oggi l’effetto prevalente è quello scenografico tipicamente barocco, per cui la piazza, al culmine della salita che porta al centro di Roccagorga, si configura come vero nucleo urbano originario, teatro di tutte le vicende di peso per la storia del paese.
Sermoneta: Piazza d’armi del Castello Caetani. Il castello Caetani sorge su uno sprone del monte Carbolino, che domina la pianura Pontina. La posizione è privilegiata sia come punto di controllo delle terre circostanti, sia come luogo naturalmente difeso. Nel XIII secolo i baroni Annibaldi, signori di Sermoneta, costruirono per primi una rocca possente, dando origine ad una linea di sviluppo per gli interventi futuri. Già allora la corte della rocca era l’attuale Piazza delle Armi, più contenuta e circondata per intero da edifici. Nel centro era una cisterna, scavata nel duro calcare e fino al secolo scorso le donne vi giungevano per attingere acqua, in cui nuotavano le anguille portate dai Caetani nella convinzione che rendessero l’acqua pura e salubre. L’arrivo alla piazza è inatteso per l’ampiezza e la luminosità dello spazio vuoto. La forma, irregolare e cava, lunga circa cinquanta metri e larga altrettanto, esprime con chiarezza la sua funzione di cuore difensivo, vero e proprio vuoto architettonico nel pieno degli edifici e dei camminamenti che la circondano su ogni lato. E’ Alessandro VI, entrato in possesso del feudo Caetani, ad ampliare il castello e creare la piazza d’armi attuale e sarà Gelasio Caetani alla fine del XIX secolo a restaurarla. Da allora questi luoghi hanno ospitato gli sfollati dell’ultima guerra, le colonie estive negli anni cinquanta, e, negli ultimi decenni, gli allievi dei corsi di musica classica. Chi visita il castello nel periodo estivo, e sosta nella piazza d’armi, può, se fortunato, godere del suono di un violoncello o di un pianoforte che da una remota stanza del castello, giunge fino all’esterno della piazza.