Verso la metà del XVII secolo la chiesa conservava ancora la sua facies medievale, che il Serangeli descrive con accuratezza. Di questa fase rimangono oggi soltanto alcuni frammenti di decorazione architettonica “cosmatesca”, conservati nei locali della moderna sagrestia. Il restauro è da ascriversi alla committenza del Principe Giovan Battista Borghese, che nel 1659 incaricò di questo l’architetto Domenico Terzago, coadiuvato dal capomastro Francesco Buratti (l’architetto Terzago è presente nei registri contabili della famiglia Borghese per gli anni 1672 – 1683). La chiesa attuale presenta una navata unica, coperta da volta a botte e quattro/sei cappelle laterali, fu completata nel 1661, come testimonia l’iscrizione che corre lungo la facciata. La facciata è semplice, affiancata da due campanili. La chiesa aveva bisogno di restauri, il clero stesso chiese nel 1652 al Principe Borghese di restaurarla, per mancato interesse del Vescovo di Segni. La copertura lignea del tetto era danneggiata da infiltrazioni d’acqua e ulteriori danni li aveva arrecati un fulmine. La decisione del principe Borghese di ristrutturarla ex-novo è da leggere in questo quadro: il principe Giovan Battista voleva effettivamente provare i suoi diritti di patronato sulle chiese di Montefortino, diritto che già il vescovo gli aveva concesso. Durante i lavori si sostituì anche la torre campanaria preesistente, di cui rimane soltanto un setto murario inglobato nel terrapieno che sopraeleva la chiesa. Restaurata con chiaro effetto scenografico come simbolo del patronato laico e religioso della famiglia Borghese. Per ottenere un simile risultato anche l’orientamento della chiesa fu leggermente cambiato, infatti, ne è una prova l’orientamento divergente dei muri perimetrali della sagrestia di destra, corrispondente all’antica cappella del SS. Sacramento, che sappiamo dal Serangeli essere l’unica parte della vecchia chiesa ad non essere stata demolita. In quella stessa occasione fu rialzata, isolandola dalle case circostanti, accentuando ancor di più il carattere scenografico della costruzione. La distruzione della chiesa, però, poteva destare malcontento tra il popolo. L’uso sapiente di alcuni frammenti “cosmateschi”, infatti, appartenenti all’edificio medievale, dimostra come questo aspetto non sia stato sottovalutato dal committente fin dal progetto. Dentro due riquadri, alla base di ciascun campanile, furono inseriti due plutei intarsiati, che in passato dovevano chiudere il coro, altre tre lastre, probabilmente provenienti dal pulpito, finirono a decorare il pavimento. Anche l’antico fonte battesimale è quello della vecchia chiesa, smontato durante i lavori e rimontato dove era originariamente. La cappella del SS. Sacramento, apprendiamo dal Serangeli, che fu edificata e affrescata dall’omonima Confraternita. Le pitture rinvenute sotto l’intonaco durante i lavori di restauro nel 1987 – 1989, possono datarsi nella prima metà del XVII secolo. Gli affreschi, raffiguranti un cenacolo, affiancato ai lati da S. Paolo e da un sacerdote ebraico, da identificarsi probabilmente con Aronne, sono riconducibili alla committenza della Confraternita. La cappella fu l’unica ad essere lasciata in uso durante i lavori di restauro, sappiamo che durante i lavori di restauro fu utilizzata come ripostiglio e vi furono dal 1658 celebrati anche i matrimoni. Alla committenza di Giovan Battista Borghese devono ascriversi le quattro tele che nel 1702 decoravano le varie cappelle: tre tele di Filippo Luzzi, allievo di L. Baldi (S. Giovanni Battista nel Deserto – Maddalena Penitente) e una di Paolo Giovannini, seguace di Carlo Cesi (Annunciazione).
Martirio di S. Eurosia olio su tela secondo quarto XVIII secolo
San Giuseppe e il Bambino olio su tela XVII secolo
Non si conosce l’atto di nascita di questa chiesa, ma sembra che la sua fondazione risalga al tempo delle invasioni barbariche, quando gli antichissimi abitanti della pianura, sfuggendo alle incursioni del VI – VIII secolo, si rifugiarono sopra il monte e vi costruirono le prime abitazioni. Di semplicissima struttura, in una delle cappelle laterali vi è la statua della Madonna delle Grazie molto venerata dagli arteniesi. Bombardata nel 1944 fu restaurata successivamente, rispettando i canoni architettonici della struttura precedente. Da qui provengono molti frammenti di decorazione architettonica altomedievale. Dalla struttura muraria del lato destro della chiesa, sembra che la struttura sia stata riedificata attorno al XIII secolo.
Citata per la prima volta nella Bolla Pontificia del 1182. ha una pianta irregolare, divisa in due navate da una serie di pilastri a sezione quadrangolare realizzati in blocchi di peperino. La navata di destra è coperta a volta a crociera, frutto probabilmente di un successivo ampliamento, collocabile verso la metà del XIV secolo. La chiesa medievale fu restaurata per volontà di Camilla Orsini, moglie di Marcantonio Borghese, dal 1619 al 1658, data di morte del marito (ne è una prova lo stemma collocato sulla facciata della chiesa). La chiesa, infatti, era stata pesantemente danneggiata da un incendio nel 1557, tanto da spingere il clero di Montefortino a supplicare nel 1652 il principe Marcantonio Borghese di restaurarla. La facciata deve probabilmente risalire a questo restauro, che inglobò il campanile romanico, in origine isolato, come si vede da un disegno (Archivio Segreto Vaticano, Arch. Borgh. b. 581). Nel 1931, in occasione della prima visita pastorale del vescovo De Sanctis, sappiamo che il campanile conservava ancora il suo aspetto originario. Oggi rimangono soltanto due bifore sul lato del campanile rivolto verso la piazza, delle quali una presenta una colonnina tortile intarsiata di mosaico. La parte superiore è, invece, frutto di un restauro per eliminare le infiltrazioni d’acqua in seguito ai danni subiti dal bombardamento del 1944. Nel 1668 si rese necessario anche un altro intervento per eliminare le infiltrazioni d’acqua dal tetto, che soltanto nel 1800 fu coperto a botte. Ritenuta la chiesa “comitale”, data la sua vicinanza con la corte Borghese, accrebbe la sua importanza anche quando a metà del ‘600 si introdusse il fonte battesimale.
Situata all’inizio del Borgo, la sua costruzione è dovuta alla volontà di Orinzia Colonna. Iniziata verso il 1586, venne consacrata nel 1591. Si ritiene che sia stata fondata sulle rovine di un antico edificio, è a croce latina, con undici altari ornati da pitture del XVII secolo. Sull’altare maggiore vi è il quadro della Vergine del Rosario, risalente al XVI secolo, ultimamente restaurato. Interessanti sono anche i quadri dedicati a S. Francesco d’Assisi di Orazio Zecca, pittore artenese del XVII secolo e la statua di legno di S. Maria Maddalena, patrona del paese, fatta costruire nel 1598 da Don Pompeo Pompa.
Madonna con il Bambino e santi olio su tela
Natività Orazio Zecca, inizi XVII secolo
Costruito nell’ottobre del 1629 per volontà del Cardinale Scipione Borghese sulle pendici del Monte Foresta. La costruzione del Convento fu preceduta dall’acquisto di alcuni appezzamenti da parte del Cardinale , che affidò il progetto dell’opera all’architetto Giovan Battista Soria, già attivo in precedenza nel Palazzo di Montefortino come falegname. La costruzione, iniziata nel 1629, si protrasse anche dopo la morte del cardinale, avvenuta il 2 ottobre 1633, poiché a questa data la chiesa non aveva gran parte dei suoi arredi, compresi i quadri delle quattro cappelle laterali e dell’altare maggiore, che furono previsti da Scipione stesso, ma realizzati dopo il 1636. La struttura architettonica poteva, però, dirsi ultimata, grazie alla pianta disegnata dal Soria, oggi conservata a Vienna (G.B. Soria, Vienna – Graphischen Sammlung Albertina, Inv. nr, n. 176), e a un disegno allegato all’opera manoscritta di P. Ludovico da Modena, possiamo riconoscere facilmente tutte le aggiunte posteriori al XVII secolo, tra cui il campanile a torre che si erge sul lato sinistro della chiesa. Il convento, i cui lavori erano direttamente controllati dagli stessi francescani, si sviluppa attorno agli stessi lati del chiostro. Lungo due lati si affacciano la parte delle celle dei frati, mentre gli altri due oggi conservano le collezioni del museo conventuale. Merita di essere menzionato l’appartamento del cardinale, che si dice sia stato fatto realizzare dal cardinale Borghese per intrattenersi con i frati. Serangeli assegna alla campagna di lavori promossi dal cardinale lo scavo della grande cisterna situata al centro del chiostro “che mantiene d’acqua non solo il convento e i passeggeri, con bestie da soma, che vi passano, ma di più la stessa Terra quando manca ne li pozzi publici”. Il cortile sovrastante è stato invece realizzato nel 1694. Nelle nicchie del chiostro gli affreschi sono del 1640. La chiesa ha cinque altari, quello maggiore SS. Nome di Gesù, la Beata Vergine e S. Anna, probabilmente del Vanenti, a cui sono posti altri quadri posti come ornamento dei rispettivi altari, quello di S. Antonio Abate e S. Antonio da Padova e quello di S. Chiara e S. Elisabetta di Portogallo. Il coro è in noce. Il quadro del crocefisso dietro l’altare maggiore è opera di Padre Bernardo da Digione. Il convento fu sede di due scuole, una di teologia per i religiosi, e l’altra di filosofia per i secolari. Rilevante è la presenza di una ricca biblioteca, fondata dal teologo e filosofo Padre Gerolamo da Montefortino.
Sacra famiglia con Santi olio su tela secolo XVII – altare maggiore Onofrio Avellino
Ritratto del Cardinale Scipione Borghese olio su tela secolo XVII
San Girolamo olio su tela secolo XVII
Riposo durante la fuga in Egitto olio su tela secolo XVII