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Destinazione Lepini

Il “Progetto speciale di sviluppo locale dei Monti Lepini” ha l’obiettivo di realizzare le condizioni qualificate affinché l’area territoriale possa conquistare una propria validità in termini di “Destinazione turistica” di valore regionale. L’area dei Monti Lepini ha una caratterizzazione, in termini di prodotti tipici locali, di tradizioni culinarie e, negli ultimi anni, di produzioni nel comparto del vino, dell’olio, dell’ortofrutta e delle produzioni bufaline in rilevante crescita quantitativa e qualitativa.  E’ tradizione antica la coltivazione della vite e la produzione del vino che oggi, a partire dalla valorizzazione di vitigni autoctoni (il nero buono di Cori) ed alla ragguardevole produzione vitivinicola, manifesta una straordinaria capacità di produzione in costante crescita in termini di quantità e qualità.

Il territorio è fortemente caratterizzato, anche in termini paesaggistici, da una rilevante quantità di oliveti, tanto che alcuni ricercatori universitari del gruppo italiano Geoagri coniarono la definizione “I Lepini: un balcone di olivi sulla pianura pontina”. Cresce da tempo la quantità e la qualità dell’olio extra vergine locale, ottenuto dalla nota cultivar itrana, anche grazie al miglioramento della filiera produttiva ed all’ottimo lavoro di sensibilizzazione ai processi di qualità  messo in campo dalle associazioni tra produttori. Esiste un produzione ortofrutticola locale che ha una antica e nota tradizione e che trova in alcuni prodotti come i carciofi di Sezze, i chicchietegli di Priverno (Presidio Slow Food), le rapette ed i broccoletti di Sezze e Priverno, le ciliegie di Maenza, i fichi di Prossedi, melograni, giuggiole e sorbole, una qualità tipica rinomata in tutto il territorio.  La produzione lattiero casearia, basata sui numerosi allevamenti di bufala del luogo,  che propone ottime mozzarelle, ricotta e formaggi di bufala. La valorizzazione della bufala locale ha portato alla realizzazione di prodotti qualificati come yoghurt e gelati realizzati con latte di bufala. La carne di bufala è utilizzata, con ottimi risultati, nella produzione di salami e speck, oltre che nella cucina tradizionale con l’ottimo spezzatino al coccio di bufala. I

l territorio è caratterizzato da un’ampia estensione di macchia boschiva che produce una rilevante quantità di prodotti quali castagne e marroni di Segni, tartufo di Carpineto, funghi, more, asparagi che arricchiscono la cucina tradizionale locale. La millenaria coltivazione del grano e la straordinaria cultura di tecniche, di usi, di storie, di canti compongono, tutt’oggi, i deliziosi prodotti del forno  quali il pane di Roccamassima, di Sezze, di Artena, la falia (pizza bianca) di Priverno, una numerosa quantità di dolci come le crostatine alle visciole, i croccanti con le mandorle, il pangiallo, le ciambelle di Carpineto e le ciambelle di magro e tanto, tanto altro ancora.

Questa enorme quantità di risorse non è ancora identificata chiaramente come una straordinaria opportunità attorno alla quale costruire un modello di sviluppo sostenibile. Non è ancora definito chiaramente un possibile modello di business utilizzabile tanto sul mercato enogastronomico quanto sul mercato turistico. Non sono ancora sufficientemente praticate le virtuose interazioni tra produttori e ristoratori, tra valorizzazione dei prodotti tipici locali e territorio e beni culturali. Se analizziamo i singoli indici di attrattività (ambiente e territorio, beni culturali, enogastronomia, eventi tradizionali culturali) e li sommiamo otteniamo un indice di attrattività complessiva turistica di degno riguardo che può attrarre domanda di mercato. E’ però ancora un indice potenziale non pienamente espresso.

L’intento del progetto è di definire il carattere qualificante della destinazione turistica dei Monti Lepini attraverso la valorizzazione dell’enogastronomia tipica locale. Il valore dell’enogastronomia passa trasversalmente tra le motivazioni, le soddisfazioni, le motivazioni del turista, oltre a possedere un carattere attrattivo di per sé. È un turismo che fa i conti con dimensioni del comportamento umano che vanno al di là di un mero consumo. Se è vero che, in generale, attraverso l’attività turistica avviene un consumo non solo fisico, ma anche simbolico del prodotto turistico e del suo spazio, per il turismo enogastronomico tale dimensione appare ancora più pressante. La dimensione esperienziale, che sta assumendo i contorni di elemento principe per i consumi in genere e per il turismo in particolare, raggiunge in questa motivazione valori molto alti. Ma è forse l’unico settore che permette di “allungare” l’esperienza oltre la visita senza perdere l’autenticità. Il “viaggio enogastronomico” può continuare una volta rientrati al luogo di residenza, attraverso l’acquisto dei prodotti sperimentati sul territorio, la loro preparazione, i ristoranti specializzati. Un sistema che può generare una economia sensibilmente più ampia del fatto turistico puro attraverso la vendita dei prodotti, i corsi o le pubblicazioni per la loro preparazione.

Il turismo enogastronomico propone un’ulteriore possibile lettura, coniugando l’esperienza straordinaria del fare turismo a un desiderio di ritorno alla disciplina della terra (e ai suoi prodotti, locali, tipici, autentici). Si uniscono così la dimensione dello svago e dall’altro con la ricerca di una radice antica e vera, la spensieratezza e la profondità.  Osservando il turismo enogastronomico nella sua dimensione quantitativa, si evidenzia in numeri la natura di un turismo dinamico, in piena fase di passaggio, ma, al contempo, carico di potenzialità. Con un giro d’affari stimato dai 3 ai 5 miliardi di euro, il turismo enogastronomico in Italia può contare su almeno 30 milioni di turisti italiani e 20 milioni di stranieri che nel loro viaggio in Italia cercano opportunità enogastronomiche (fonte: Censis Servizi Spa, 2010). L’enogastronomia è d’altronde compresente e parte essenziale dell’esperienza turistica in quanto tale. Elemento culturale cardine di una popolazione locale, l’enogastronomia rappresenta uno dei fattori attrattori di una destinazione al pari di un monumento famoso o di un’oasi naturale: “La sperimentazione di atti propri del turismo enogastronomico diventa uncomplemento rilevante di un viaggio, quello che in gergo di marketing si definirebbe un consumo d’impulso” (Osservatorio sul Turismo del Vino – IX Rapporto annuale – I nuovi dinamismi di un turismo di tendenza”, 2011).

Le più recenti ricerche di mercato ci informano che l’Italia è conosciuta da oltre il 10% della popolazione mondiale per il cibo e dal 4% per il vino. Sono numeri impressionanti che confermano l’enogastronomia come un aspetto che completa il carattere predominante dell’immagine Italia, fatta di cultura nelle sue molte declinazioni con la passione ed il gradimento per il buon cibo ed il buon vino trasversale a tutte le motivazioni turistiche. Il fattore Cultura è l’elemento vincente all’interno di tutta l’offerta turistica italiana, a prescindere dalla motivazione. Uno studio del Dipartimento per lo Sviluppo e la Competitività del Turismo relativo alle aree costiere italiane, ha evidenziato che nei periodi di rallentamento precedenti alla fine del primo decennio del secolo XXI, il turismo costiero italiano ha mantenuto buoni trend di crescita solamente in quei luoghi dove il mare si collega alla tradizione ed alla cultura, come ad esempio le Cinque Terre, la Costiera Amalfitana, e il Salento stesso che ha legato il suo sviluppo alla bellezza dei luoghi ma anche ad eventi che lo caratterizzavano. Un luogo è l’unione dei suoi patrimoni tangibili e intangibili. Per un’ottimale collocazione dell’offerta enogastronomica sui mercati è indispensabile che l’intero sistema del territorio sviluppi un adeguato approccio relazionale con il turista e una tecnica di miglioramento continua dei livelli di prestazione. È altresì necessario il contributo imprenditoriale di “rete” di tutti gli operatori delle singole aree territoriali, sia dell’economia turistica diretta sia di quella indiretta, così come appare indispensabile assicurare un’adeguata crescita professionale del comparto ricettivo, ristorativo, dell’accoglienza e della produzione dei servizi in generale. È importante che l’offerta turistica trovi una soddisfacente visibilità nei circuiti della commercializzazione nazionale ed  internazionale, attraverso strumenti e azioni in grado di superare l’attuale frammentazione delle offerte e degli interlocutori.

E’ evidente che il raggiungimento di un obiettivo, così descritto, richiede un notevole impegno da parte dei soggetti pubblici istituzionali così come da parte dei soggetti privati che devono essere necessariamente coinvolti. E l’impegno più significativo riguarda la sfida culturale di riuscire a lavorare tutti insieme con scelte chiaramente coerenti con l’obiettivo e con modalità di tipo sistemico. Bisogna tenere sempre presente che il turismo in genere, così come il turismo enogastronomico è un settore economico basato sulle regole di mercato, vale a dire sulle dinamiche della domanda e dell’offerta, sui principi di marketing, sulle preferenze dei consumatori e sui prodotti e servizi, che si realizzano in un contesto di forte competitività. Ciò significa che è richiesta una visione globale di tutte le problematiche del territorio, in una chiara prospettiva di sostenibilità, e quindi di sviluppo inteso essenzialmente come miglioramento diffuso  e continuo della qualità della vita nel sistema territoriale. Ciò implica che le differenti politiche (cultura, ambiente, agricoltura, formazione, attività produttive, innovazione tecnologica) devono essere considerate nella loro interdipendenza. Dovrebbe risultare abbastanza intuitivo riconoscere che uno sviluppo economico turistico di un’area territoriale è possibile solo in modo armonizzato con la valorizzazione e la tutela del patrimonio culturale, ambientale e sociale.Poiché la vera grande sfida è quella di definire ed affermare il territorio come “destinazione turistica” cioè come un sistema integrato di risorse, attrattive, qualità dei prodotti e servizi, qualità delle relazioni, etc.. Ma in una sola parola: qualità dello stile di vita.

Il Territorio dei Monti Lepini, se considerato come un insieme unico, è dotato di una quantità e qualità di risorse storiche, archeologiche, paesaggistiche, ambientali, enogastronomiche tali da non temere confronto. Pensiamo all’Abbazia di Fossanova, all’Area archeologica di Priverno, al Castello di San Martino di Priverno, al Castello Baronale di Maenza, alla splendida piazza di Roccagorga,  alle Chiese del centro storico di Sezze, al Santuario del Crocifisso di Bassiano, al Castello dei Caetani di Sermoneta, all’Abbazia di Valvisciolo, all’Oasi di Ninfa, all’Area archeologica di Norma, al Tempio di Ercole di Cori, alle mura ciclopiche di Segni, ai centri storici di Gorga e di Montelanico, al Palazzo Aldobrandini ed alle Chiese di Carpineto Romano, ed i centri storici di Roccasecca dei Volsci, di Prossedi, di Sonnino.  E’ evidente già da questa mera elencazione rapida delle emergenze culturali  più note del territorio che abbiamo una significativa quantità di risorse che se trattate come un insieme che è parte di una unica realtà Territoriale può concorrere degnamente sul mercato del turismo.

Tutti i comuni del territorio sono dotati di un Centro storico. Questo è un punto di forza straordinario che deve essere opportunamente valorizzato. Se guardiamo alle due realtà italiane con caratteristiche più vicine a quelle del nostro territorio, cioè la Toscana e l’Umbria, possiamo osservare come la valorizzazione dei centri storici, di piccole e grandi dimensioni, sia un elemento distintivo del loro successo turistico. I Centri storici possono essere riconsiderati come lo Spazio Urbano antico che  si adatta alle funzioni di nuovo Spazio di produzione per il turismo, nuovo Spazio di produzione di conoscenza, nuovo Spazio residenziale per artisti e creativi professionali, nuovo Spazio “performativo”, nuovo Spazio di relazione. I Centri storici come nuovi acceleratori di sviluppo e incubatori di imprenditorialità innovativa. Un progetto strategico in questo senso è l’Albergo diffuso.  L’albergo diffuso può essere definito come un albergo orizzontale, situato in un borgo o in un centro storico, con camere e servizi dislocati in edifici diversi, seppure vicini tra di loro. L’albergo diffuso è una struttura ricettiva unitaria, gestita in forma imprenditoriale, che si rivolge ad una domanda interessata a soggiornare in un contesto urbano di pregio, autentico, a contatto con i residenti, usufruendo dei normali servizi alberghieri. Tale formula si è rivelata particolarmente adatta per borghi e paesi caratterizzati da centri storici di interesse artistico ed architettonico, che in tal modo possono recuperare e valorizzare vecchi edifici chiusi e non utilizzati, ed al tempo stesso possono evitare di risolvere i problemi della ricettività turistica con nuove costruzioni.