Su questa parete dei Lepini, procedendo da nord verso sud, sono ubicati gli abitati di Rocca Massima, Cori, Norma, Sermoneta, Bassiano, Sezze, Roccagorga e Maenza. All’estremità meridionale, la valle del fiume Amaseno si biforca isolando una bassa collina su cui è distesa, a partire dal XIII secolo, Priverno, dove gli abitanti si rifugiarono dopo aver abbandonato il sito della originaria Privernum – città romana e poi medievale – nella piana di Mezzagosto. Proseguendo, sul limitare della catena dei Monti Ausoni, c’è Sonnino e, in posizione più elevata, Roccasecca dei Volsci.
L’altro pendio, esposto a nord-est, resta nelle caratteristiche montano sino alla confluenza con la sottostante valle del Sacco; aspro e dalla vegetazione boscosa e più rigogliosa, offre panorami meno vasti. Qui predominano le molte sfumature dei verdi; è presente il bianco del calcare delle rocce emergenti e dei manufatti dell’uomo e i colori delle terre. Un ideale percorso, ugualmente snodato da nord a sud, unirebbe i centri urbani di Artena, sulle propaggini dei Lepini verso i colli Albani, Segni, Montelanico, Gorga, Carpineto, e più isolato, Prossedi.
In epoche remote, il diverso orientamento dei versanti e la separazione operata dallo spartiacque non determinarono una particolare diversità nelle culture e nei manufatti che ne rappresentavano le testimonianze materiali. Tali infatti avevano forme e significati comuni.
Questo racconto, scandito nel tempo dai manufatti dell’uomo, inizia dalla preistoria, più precisamente dal paleolitico, una età in cui l’uomo viveva della raccolta di vegetali e della caccia, rifugiandosi in cavità naturali del terreno. Nei dintorni di Sezze sono numerose le tracce lasciate da questo nostro progenitore in diversi anfratti naturali: la Grotta Iolanda, il Riparo Roberto, la Grotta Arnalo dei bufali, ove nel 1936 è stato scoperto un dipinto rupestre in ocra rossa – forse più tardo, riferibile al mesolitico – raffigurante l’uomo a Ψ greca (fig. 2); reperto staccato e conservato nel Museo Pigorini di Roma. Altri oggetti, provenienti da questi siti, insieme a manufatti di epoca protostorica sono visibili nel locale Museo archeologico. In epoca pre-romana e fino all’ottocento l’area era identificata come terra volsca, per la stirpe residente cui venivano attribuite – ancora oggi visibili nella Civita di Artena, a Cori, Norma (fig. 3), Segni (fig. 4) e Sezze – le strutture megalitiche delle cosiddette mura poligonali. Si tratta di mura di cinta urbane di grande spessore, costruite con grossi blocchi di pietra perfettamente sagomati e incastrati senza uso di leganti e tali da non offrire alcun appiglio agli assalitori.