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Biospeleologia
La biospeleologia è lo studio delle forme viventi nelle grotte: è una scienza giovane le cui origini risalgono alla prima metà dell’Ottocento. I Monti Lepini, con i loro fenomeni carsici, sono oggetto di ricerche biospeleologiche e la prima pubblicazione scientifica risale al 1937 quando Jerace descrisse un verme nematode (Strongylacantha glycirrhizza var. romana), parassita di pipistrelli, trovato in grotte presso Sermoneta.
Le grotte sono soltanto una piccola parte del vasto mondo sotterraneo che comprende anche l’ambiente endogeo (la porzione di suolo compresa tra la lettiera e le radici degli alberi), l’ambiente sotterraneo superficiale (detriti pietrosi e fessure nella roccia sotto l’ambiente endogeo) e l’ambiente interstiziale (costituito dall’acqua situata negli interstizi sotterranei e nelle falde freatiche).
Grotte e microcavità del suolo sono ambienti limite per la vita: l’oscurità totale determina l’assenza di piante fotosintetiche e di conseguenza la gran parte delle risorse alimentari viene trasportata dall’esterno, soprattutto dall’acqua (detriti vegetali, legno ecc.), dalla gravità (materiali organici che precipitano nelle grotte verticali) e dai vertebrati (resti dei loro pasti ed escrementi).
Tra questi, il guano di pipistrelli è consumato da schiere di invertebrati. Le uniche risorse trofiche, prodotte direttamente nelle grotte, sono dovute all’azione di batteri autotrofi, ma il loro apporto in genere è limitato.
Fa eccezione la Grotta di Fiume Coperto (Bassiano), dove l’abbondante presenza di acido solfidrico nell’acqua permette lo sviluppo di una cospicua matrice di batteri chemioautotrofi (solfobatteri e metanobatteri), che utilizzando l’energia chimica presente nell’acqua producono grandi quantità di materia organica. Queste condizioni hanno determinato l’insediamento di una fauna cavernicola ricca e peculiare.
Testi tratti da:
“Lepini, Anima selvaggia del Lazio”
Edizioni Belvedere. ISBN: 88-89504-03-X