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La Sacra Rappresentazione della Passione nei Monti Lepini: Un viaggio tra tradizione e devozione

La Settimana Santa nei Monti Lepini è un affascinante spettacolo di fede, storia e tradizione attraverso le diverse sacre rappresentazioni della Passione. In questo lungo viaggio attraverso i comuni di Sezze, Roccagorga, Maenza, Sonnino e Priverno, scopriremo la ricchezza di un patrimonio culturale unico che si esprime attraverso cerimonie intense e coinvolgenti.

Sacra Rappresentazione della Passione di Sezze: Il Teatro della Fede

La Passione di Cristo, tra storia e fede religiosa così come ce l’ha raccontata Vincenzino Venditti, a Sezze viene riproposta e portata in scena dalla forza popolare cristiana, che trae le sue primordiali origini dalle parole, riportate da San Luca, dell’Apostolo Paolo che, in viaggio verso Roma, rivolto al colle setino pronunciò: “carissimus comes”. Da allora Sezze ha inteso conservare il messaggio Cristiano della Passione che è arrivato sino a noi mantenendo intatta tutta la sua spiritualità e devozione, filtrando con il tempo fascino e cultura popolare che affondano le radici nel medioevo, quando erano solo le confraternite a sfilare per le vie del paese con il Cristo “Morto” e l’Addolorata.

Passate le invasioni barbariche l’eco delle parole dell’Apostolo Paolo era forte a Sezze, ed è allora che fa la sua venuta nelle paludi Pontine Lidano d’Antèna (oggi Civita d’Antino) che destinò tutti i suoi averi alla costruzione di una basilica e di un monastero, in seguito distrutti da Federico II. Lidano con le sue preghiere ed il suo lavoro bonificò, prima ancora che i papi, parte delle paludi dove visse per più di settant’anni fino a divenire Santo patrono di Sezze. Lasciò il posto al francescanesimo nascente e qui la tradizione, non suffragata adeguatamente da prove storiche, vogliono a Sezze anche il “Poverello d’Assisi” . Di certo sappiamo dell’amicizia che il cardinale setino Leone Brancaleone ebbe con San Francesco, e che lo spirito del francescanesimo fu subito abbracciato dai setini. Così la tradizione si arricchisce del coro dei laudesi dello “Stabat Mater” e del pianto di Iacopone, seme devozionale e principio dell’attuale Sacra Rappresentazione del Venerdì Santo.

Tutto questo fermento religioso non poteva che generare i suoi frutti. Sezze, idealmente francescana, ne offrì in abbondanza. Apre il seicento la venerabile Caterina Savelli degna di ricevere le stimmate della Passione, così come Carlo da Sezze (1613 – 1670, canonizzato nel 1959). Estasiato di fronte alla Passione di Cristo, San Carlo da Sezze diede seguito, con le sue opere scritte, alla iacoponica gloria della croce entrando a sua volta a far parte della Passione stessa. Cultura popolare e fede si stringono forte attorno all’atto culminante della religione cristiana, la croce, perpetuandola così nei secoli. Alla fine del seicento Sezze offre il suo settimo porporato, Pietro Marcellino Corradini, anch’egli impressionato dalla processione delle confraternite che accompagnavano il Cristo “Morto” e il dolore della Madonna. Tutto questo, unito al genio artistico di Filiberto Gigli e all’apporto di tanti artisti, nel 1933 diede vita alla Rappresentazione del Venerdì Santo che da allora sfila per le vie del paese. La Passione di Sezze, come si è detto, ha le sue origini nel medioevo quando veniva celebrata delle confraternite religiose. Come la vediamo sfilare oggi per le vie del paese è opera dell’avvocato Filiberto Gigli che nel 1933 la volle riproporre arricchendola di un significato artistico. Gigli poté avere come collaboratore nella regia Marcello Covoni del Teatro dell’ Opera. Pietro Pocek trattò la parte pittorica, mentre l’elemento architettonico era assunto dagli accademici Piacentini e Giovannoni coadiuvati dal Prof. Piero Aschieri. L’avvenimento eccezionale, così inquadrato fù un potente richiamo nel mondo artistico-culturale. Il commediografo Rosso di San Secondo inchinò la sua pensosa umanità sulla “Passione di Sezze”, con un nobile articolo apparso su “Il Messaggero” (3.4.1935), presto tradotto in varie lingue e radiodiffuso negli Stati Uniti D’America. Si associarono il Bellonci, il Contini, il Corsi, il Lodovici, mentre Beniamino Gigli, Claudia Muzio e Marta Abba prepararono il loro intervento artistico. La “Passione di Sezze” raggiunse in pochi anni una tale rinomanza, che si sentì l’esigenza di rappresentarla a Roma nel 1950 in Via Fori Imperiali a coronamento del Giubileo: lo spettacolo fu straordinariamente bello e commovente, tanto da suscitare entusiastici consensi da parte di tutta la stampa specializzata ed elogi dallo allora capo del Governo Alcide De Gasperi. In più di settant’anni la processione di Sezze ha conosciuto diversi momenti, offrendosi nel 1950 e nel 2000 alla capitale in occasione dell’anno Santo, mentre nel 1957 è toccato all’Anfiteatro setino ospitare una rievocazione settembrina della Passione. Ma è nei vicoli stretti del paese, la dove Santi e beati hanno vissuto, che la processione conosce i suoi momenti più suggestivi. Nel centro storico del paese è possibile visitare, oltre alla casa natale di San Carlo, la cattedrale gotica di Santa Maria dove Carlo pregava, e la piccola cappella di San Lorenzo. Un doveroso ringraziamento va fatto a tutte le centinaia di figuranti, giovani e meno giovani che a Sezze, con l’originario spirito devozionale, ogni anno rendono possibile la Sacra Rappresentazione. L’organizzazione della manifestazione è curata dall’Associazione della Passione di Cristo dal 1933, anno di fondazione del sodalizio. L’Associazione non ha finalità di lucro ed attualmente il Presidente, il Signor Elio Magagnoli, si avvale dell’opera di un importante numero di collaboratori ed esperti nel campo artistico.Dopo l’avvicendamento di diversi registi (Giuseppe De Angeli, Orazio Costa, Giuseppe Rocca) dal 1981 la regia è stata sempre curata dal Dr. Pietro Formicuccia, psicologo e regista teatrale, che ha sempre inteso realizzare in questa rievocazione del Dramma Sacro quel connubio proprio del popolo setino intriso di spiritualità e arte, riuscendo a miscelare il contesto storico con l’esigenza di rendere attuale il messaggio cristiano della rievocazione della Passione di Cristo.

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I Focaracci del Venerdì Santo di Roccagorga: La Luce della Tradizione

Nel periodo della Pasqua, si svolge uno degli eventi più significativi della cultura locale di Roccagorga, i cosiddetti “focaracci del Venerdì Santo” che rappresentano per la popolazione rocchigiana un momento di sfida ma anche di fortissima fede. Si accendono due focaracci rappresentanti i due rioni, quello di “San Pietro” e quello della “Crocella” collocati in due aree ben distinte del centro storico: quello di “San Pietro”, in piazza VI gennaio, l’altro, quello della “Crocella”, sul piazzale antistante la Chiesa Collegiata SS. Leonardo ed Erasmo. Questa tradizione è molto sentita dalla cittadinanza, in particolare tra i giovani che si impegnano, aiutati dagli adulti, nella raccolta della legna, che accatastano nei rispettivi luoghi, simbolo dei rioni che si sfideranno. I focaracci vengono accesi quando la statua di Cristo Morto esce dalla chiesa, seguita dalla processione. I protagonisti dell’evento sono i cittadini di Roccagorga, che, tra sacro e profano, intendono rivendicare una posizione sociale d’appartenenza alla comunità stessa, affermando attraverso una sana competizione il proprio essere rocchigiano ovvero “gente della Rocca”. Una sfida, accesa e avvincente, che vede la sua fine solo nel momento in cui una delle due pire si spegne, sancendo la vittoria della fazione, che al contrario avrà alimentato al meglio “il focaraccio”. A questo punto arriva il momento più aggregativo amato soprattutto dai giovani che rimangono a festeggiare fino a tarda notte, cantando allegramente, bevendo e mangiando carne cucinata sulle braci ancora ardenti dei grandi falò ormai spenti.Come ogni anno dunque, Roccagorga è lieta di accogliere tutti coloro che hanno il desiderio di vivere e sentirsi parte delle tradizioni del paese, simpatizzando per l’una o per l’altra contrada. Le persone che vengono da fuori possono comodamente alloggiare presso l’ostello comunale, un posto davvero accogliente situato all’interno dello splendido Palazzo Baronale.
Il venerdì santo vengono sistemate due enormi pire all’interno del centro storico, una in Piazza VI Gennaio e la seconda davanti alla chiesa dei SS Leonardo ed Erasmo. All’uscita del Cristo morente che gira in processione per le vie del centro storico le due contrade rivali (San Pietro e Crocella) accendono le pire in segno di lutto ma anche di mistica purificazione della figura del Cristo che di lì a 3 giorni risorgerà. La rivalità delle due parti del paese è puramente ideale tanto che il vero momento è successiva alla processione, poiché non appena scatta la mezzanotte le due contrade si trovano sul piazzale della chiesa armati di forchettoni e graticole, passando così la notte tra pane, salsicce e vino casareccio, evidenziando il grande valore sociale che questa ricorrenza porta con se.

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Processione del Venerdì Santo di Maenza: Un Atto di Devozione Collettiva

Il comune di Maenza ospita ogni anno la Sacra Rappresentazione della Passione di Cristo, nata nel 1969 per volontà di Padre Roberto Fastella, frate Agostiniano giunto a Maenza nel 1958, che ebbe l’idea di trasformare l’antica processione penitenziale del Venerdì Santo in una rappresentazione teatrale in costumi d’epoca. A partire dalla Domenica delle Palme e poi il Venerdì Santo, i vicoli e le piazze del paese dei Monti Lepini si trasformano in palcoscenico per i circa 400 figuranti, giovani, vecchi, donne e bambini, tutti del luogo, che smessi gli abiti della propria quotidianità, indossano quelli di Cristo, della Madonna, di Giuda, della Maddalena, dei Centurioni, delle Pie Donne, ecc. Scenografie a grandezza naturale, colonna musicale, costumi, armamenti, tutto viene realizzato dagli artigiani del posto. Una ricostruzione fedelissima che riporta indietro nel tempo e trasforma il paese in una piccola Gerusalemme. A tessere il filo conduttore della storia sacra e ad annunciare le scene, sono un “Profeta” o un “Evangelista” che leggono le frasi del Vangelo. Molti gli attori tra la folla che gridano e partecipano, e anche il pubblico in quel momento è nella storia, in quella Storia. Perde il suo spazio e il suo tempo per far parte di una Storia accaduta più di duemila anni fa. L’evento è organizzato e curato dall’Associazione Sacra Rappresentazione del Venerdì Santo costituitasi nel 2000, che si è impegnata a ridare slancio a un appuntamento importante per la comunità maentina e di grande interesse nazionale.

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La Passione Vivente di Sonnino: Un Tableau di Emozioni

Organizzata dai Missionari del Preziosissimo Sangue e la Parrocchia di San Michele Arcangelo, la rappresentazione ripropone le scene più significative della Passione di Cristo: dall’Ultima Cena, alla Via Crucis, fino alla Crocifissione. La manifestazione percorre i luoghi principali del paese: parte da Piazza Garibaldi, prosegue per via Cesare Battisti e per la piazzetta La Croce, per poi tornare in Piazza Garibaldi. Si tratta di una celebrazione semplice e particolarmente sentita da tutta la comunità, che partecipa attivamente alla sua realizzazione.

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Processione del Venerdì Santo di Priverno: Tra Sacralità e Tradizione

Un aspetto molto particolare legato alla processione del Venerdì Santo di Priverno è costituito dall’apparato musicale che l’accompagna. Oggi ogni macchina, eccetto il cataletto, è accompagnata da un coro appositamente preparato a cura delle confraternite o da gruppi diversi che, nelle “fermate” prestabilite lungo il percorso processionale, intonano un canto. La presenza dei cori è documentata nell’Ottocento, quando la loro preparazione era affidata ai maestri di cappella stipendiati dal Comune. La banda musicale, fondata da Francesco Pucci, è menzionata la prima volta nel 1805. La banda è presente nella processione del 1817 e, da allora, ha sempre partecipato precedendo la macchina del Cristo Morto, cioè il cataletto. Quest’ultimo è stato frequentemente oggetto di attenzione da parte della confraternita del Sacro Cuore, cui era affidato. Va precisato che il termine “cataletto” è quello più antico utilizzato per indicare la macchina del Cristo Morto. Questa, si trova registrata nella forma di “cataletto” nel 1559, quando il Capitolo di S. Maria decise di farla riparare. La macchina veniva ricoperta con un tessuto nero (“coltre”) sul quale si stendeva un piccolo lenzuolo bianco su cui veniva adagiata l’immagine del Cristo Morto. Era illuminata da numerose candele, che nel finire del XVIII secolo furono sostituite da lanternini.

La processione del Venerdì santo ha subito trasformazioni sia nella partecipazione formale delle confraternite, sia per l’aspetto estetico delle macchine. Le cause di queste trasformazioni, iniziate fra le due guerre mondiali, sono attribuite alla decadenza delle confraternite e alla diminuzione degli introiti. La mancanza di denaro, da una parte, e la perdita di una dirigenza sensibile agli aspetti estetici dell’arredo confraternale, dall’altra, hanno provocato un tal disagio che deperite le antiche macchine non è stato più possibile rinnovarle degnamente, come è sempre stato nel passato. Solo in questi ultimi anni si sta cercando di ridare dignità estetica e devozionale a questa antichissima tradizione religiosa nella quale le confraternite, nel corso dei secoli, hanno sempre avuto un ruolo predominante.

(Testo tratto dall’opera “Le Confraternite di Priverno” di Edmondo Angelini)

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Le sacre rappresentazioni della Passione nei Monti Lepini offrono uno sguardo privilegiato sulla fede, la storia e la tradizione di queste comunità. Da Sezze a Roccagorga, da Maenza a Sonnino e a Priverno, ogni comune contribuisce a tessere una trama unica di devozione collettiva, celebrando la Settimana Santa con una profondità emozionale che attraversa i secoli. Attraverso queste manifestazioni, i Monti Lepini si rivelano non solo come un paesaggio incantevole, ma anche come custodi di una ricca eredità spirituale che continua a vibrare nel cuore delle comunità locali.

di Sinopoli Francesco e Campagna Laura 

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