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Tra le pennellate del Settecento: Antonio Cavallucci da Sermoneta

Antonio Cavallucci da Sermoneta (1752-1795)

Antonio Cavallucci nasce a Sermoneta nel 1752. Sin da ragazzo mostra un’innata propensione verso la pittura che lo porterà ad essere notato dal duca di Sermoneta Francesco Caetani che gli offrirà nel 1765 la possibilità di formarsi a Roma. Qui Cavallucci entra a bottega presso Stefano Pozzi e poi presso Geatano Lapis. Nel 1769 comincia a studiare disegno presso l’Accademia di San Luca. La prima commissione importante arriva tra il 1776 e il 1780 con la decorazione pittorica dell’appartamento nobile di Paelazzo Caetani a Roma. Il ciclo doveva comprendere scene mitologiche e allegoriche. Nel 1786 viene ammesso ufficialmente all’Accademia di San Luca ed è di questa fase una delle opere in mostra presso il Museo Diocesano di Sermoneta: Origine della Musica (1786-1787) basato sulle illustrazioni del trattato Iconologia di Cesare Ripa. Il 18 novembre 1795, all’età di quarantatrè anni, Antonio Cavallucci si spegne a Roma.

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Antonio Cavallucci da Sermoneta. Pittore, è la prima esposizione realizzata nel territorio e dedicata all’artista sermonetano. Ospitata all’interno del Museo diocesano d’Arte Sacra, vuole offrire una riflessione sul suo complesso percorso nella cultura figurativa romana attraverso l’esposizione di quattro opere:  L’Origine della musica, La Carità, La Madonna col Bambino e il Sacro cuore di Gesù.

Antonio Cavallucci, Paesaggio fantastico, 1769-1770, tempera su intonaco, cm 70×110

(Sermoneta. Casa Cavallucci)

La veduta paesaggistica realizzata da Antonio Cavallucci intorno al 1769 appartiene al fregio che l’artista dipinse in una sala del piano nobile nella casa natale di Sermoneta. E’ sicuramente uno dei primi lavori giovanili dell’artistya che coniuga elementi “ruinisti” tipici della tradizione romana, con elementi classici della paesaggistica.

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Origine della musica, 1786-1787, olio su tela, cm 72×135 (collezione privata)

L’Origine della Musica è uno studio per un dipinto più grande che doveva occupare il soffitto di una sala nel piano nobile di Palazzo caetano a Roma. Antonio Cavallucci decide di rappresentare la leggenda secondo cui Pitagora, passando davanti alla bottega di un fabbro, avrebbe colto nel suono dei martelli battuti sull’incudine una varietà di intervalli musicali, ritrovati in esperimenti successivi fatti con alcune corde tese. La figura femminile, assisa e intenta a intingere la penna nell’inchiostro, potrebbe essere l’impersonificaizone della musica circondata da due putti alati.

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Madonna col Bambino, 1790 circa, olio su tavola, cm 42×34 (Collezione privata)

Antonio Cavallucci era un’artista molto religioso e devoto alla Vergine. La Madonna col Bambino rientra nell’ampia produzione per committenza privata e può essere datata dopo il viaggio nel nord Italia del 1787, dove l’artista ebbe la possibilità di conoscere le opere realizzati da grandi artisti come Tiziano, Correggio, Fra Bartolomeo e Andrea del Sarto.

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Sacro Cuore di Gesù, 1792 circa, olio su tela, cm 71×57  (Bassiano, Chiesa di Sant’Erasmo)

Cristo è rappresentato in questa tela, da Cavallucci, con la mano destra sul petto e con la sinistra che sorregge il cuore fiammeggiante sormontato da una piccola croce e circondato da una corona di spine. L’iconografia richiama quella del ricorrente Sacro Cuore. L’opera spicca per la delicatezza dei lineamenti, l’incarnato luminoso e la maestria dei panneggi.

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La Carità, 1790 circa, olio su tela, cm 73×61 (collezione privata)

Antonio Cavallucci realizza con questa tela una delle più importanti delle tre virtù teologali. L’opera è giocata su un abile gioco di sguardi e di mani. Sono mani che “accolgono” quelle della madre e sono mani che “accudiscono” quelle del figlio più grande. E’ lui a prendersi cura del fratellino con amore fraterno mentre guarda dritto negli occhi l’osservatore. La tela spicca per la delicatezza degli incarnati e dei gesti.

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Un dialogo artistico a tre 

All’interno della Sala espositiva sono presenti alcune opere della scultrice Emilia Isabella, questo per creare un dialogo contemporaneo tra l’arte del passato e quella del nostro tempo. Un dialogo a tre voci che aleggia nella sala. La voce delle opere nate dalla fede e dalla devozione di committenti e artisti sermonetani della collezione permanente, l’espressività figurativa devota e allusiva dei dipinti di Antonio Cavallucci e la contemporanea icasticità, rigorosa e misurata delle sculture astratto-geometriche dell’artista Isabella.

La mostra resterà aperta al pubblico fino all’ 11 febbraio 

testi di riferimento di: Vincenzo Scozzarella e Ferruccio Pantalfini
articolo di: Sinopoli Francesco e Campagna Laura

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