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Gli Scenari di Ieri e di Oggi: La Capanna Lepina e La Conca

La mostra “Res Rustica – L’Agricoltura dei Monti Lepini nel tempo”, tenutasi dal 18 agosto al 17 novembre 2024 , ha rappresentato un evento culturale di grande rilevanza per il territorio. Questo progetto non solo celebra la tradizione agricola millenaria dei Monti Lepjni, ma la inserisce in un contesto contemporaneo attraverso un approccio innovativo e condiviso con tutti gli istituti culturali locali. L’agricoltura, infatti, ha da sempre costituito un pilastro fondamentale per la vita civile dei Monti Lepini, plasmando l’identità sociale, economica e antropologica delle sue comunità. La mostra itinerante, arricchita da conferenze, performance artistiche e oggetti emblematici provenienti dai musei locali, offre uno sguardo approfondito su come le pratiche agricole abbiano evoluto nel tempo, dalla tradizione alle esperienze più moderne e sostenibili. Attraverso un percorso storico e culturale, “Res Rustica” si propone di rafforzare l’offerta culturale del territorio, mettendo in rete le risorse locali e creando un nuovo patrimonio condiviso, capace di attrarre e coinvolgere una vasta gamma di pubblico, dai cittadini ai turisti. L’agricoltura, fin dalle sue origini, ha rappresentato un tema centrale non solo nella vita quotidiana, ma anche nell’arte. Il legame tra l’uomo e la terra, nato in modo drammatico con la cacciata di Adamo ed Eva dall’Eden, ha ispirato innumerevoli opere d’arte che, attraverso i secoli, hanno rappresentato la fatica, la speranza e la ciclicità della vita agricola. Questi temi, oltre a evocare la relazione dell’uomo con la natura, sono stati profondamente intrecciati con la spiritualità, la cultura e l’economia.

Il paesaggio dei Monti Lepini, con le sue asperità e la sua natura selvaggia, ha forgiato nei secoli una comunità tenace e resiliente, profondamente legata alla terra e alle tradizioni. In questo contesto, l’”habitus”, inteso come l’insieme delle tecniche e delle pratiche quotidiane apprese e tramandate, diventa l’elemento chiave per comprendere come gli abitanti di queste montagne abbiano saputo trasformare l’ambiente naturale in un luogo vivibile e culturalmente significativo. Questo concetto è splendidamente esemplificato nelle riflessioni di Vincenzo Padiglione nel suo libro “Ma chi mai aveva visto niente, il Novecento, una comunità, molti racconti”, dove viene esplorato il rapporto simbiotico tra l’uomo e la natura nei Monti Lepini.

L’habitus, come lo definisce Padiglione, rappresenta l’insieme delle tecniche femminili del corpo, ma anche la sensibilità e lo stile di vita di chi ha scelto di abitare le montagne lepine. Questo concetto va oltre la semplice sopravvivenza: non è solo una questione di sfruttare le risorse disponibili nell’ambiente, ma di farlo attraverso una cultura appresa e interiorizzata. È questa cultura, questo habitus, che indica quali risorse utilizzare e come farlo, trasformando l’interazione con la natura in un “modo artistico” di vivere. I pastori lepini, in particolare, incarnano questa trasformazione culturale. Con mani abili e gesti sapienti, trasformavano elementi naturali come pietre, cortecce e rami in mattoni, muretti a secco (le “macere”) e strumenti musicali. Questo processo non era solo funzionale, ma anche estetico: la natura suggeriva le forme, ma la mente dell’artigiano aveva già in mente un repertorio di figure e significati culturali da cui attingere. Questo approccio riflette un equilibrio tra creatività e tradizione, tra innovazione e rispetto per il passato.

LA VITA IN MONTAGNA NELLA PRIMA META’ DEL NOVECENTO 

Nella prima metà del Novecento, queste competenze erano fondamentali per la sopravvivenza delle famiglie lepine. La vita in montagna era dura, ma la costruzione di capanne e la capacità di adattarsi all’ambiente naturale permisero a molte famiglie di vivere in relativa autonomia. Le capanne, spesso costruite con materiali reperiti sul posto, erano non solo abitazioni temporanee, ma anche simboli di una vita essenziale e autosufficiente. Durante questo periodo, le capanne venivano utilizzate per il trasferimento stagionale delle famiglie contadine. Ad esempio, nel periodo della vendemmia, noto localmente come “glio settembre”, le famiglie si trasferivano nei campi per controllare i frutti dell’orto e raccogliere l’uva. Questo movimento stagionale non era solo una necessità economica, ma anche un momento di coesione familiare e comunitaria, in cui il lavoro condiviso rafforzava i legami sociali.

Con il passare del tempo e l’avvento della modernità, la funzione delle capanne e delle pratiche tradizionali cambiò radicalmente. Nella seconda metà del Novecento, molte delle capanne originarie rimasero in piedi o vennero ricostruite, ma non più come abitazioni permanenti. Diventarono invece luoghi di rifugio temporaneo per i pastori durante l’estate, quando i pascoli d’altura in zone come la Semprevisa offrivano abbondanza di foraggio. Il significato simbolico delle capanne e degli strumenti tradizionali iniziò a mutare. Questi elementi, che un tempo erano essenziali per la vita quotidiana, cominciarono a essere visti come emblemi di un passato ormai lontano, rappresentazioni tangibili di una vita austera e rustica che aveva forgiato il carattere forte delle generazioni precedenti. La conca, ad esempio, un tempo strumento quotidiano, oggi è esposta come oggetto decorativo, arricchita da addobbi floreali durante le feste patronali, simboleggiando un passato idealizzato.

IL RITORNO ALLA TRADIZIONE: L’IDENTITA’ LOCALE OGGI 

Nella contemporaneità, la capanna e la conca sono diventate simboli potenti dell’identità locale. Non sono più solo strumenti funzionali, ma emblemi di una tradizione che viene celebrata e rievocata con orgoglio. La capanna, in particolare, viene oggi utilizzata come luogo di incontro, un ambiente rustico dove gustare cibi fatti in casa e rivivere, attraverso la convivialità, il senso di solidarietà e comunità che caratterizzava la vita sociale del passato. Questi incontri, spesso accompagnati da racconti e memorie del passato, rappresentano un modo per mantenere viva la tradizione e per trasmettere alle nuove generazioni un patrimonio culturale che rischierebbe altrimenti di andare perduto. Il fare insieme, lo stare in comune, diventa così un atto di resistenza culturale, un modo per riaffermare valori e pratiche che hanno forgiato l’identità della comunità lepina.

Gli scenari di ieri e di oggi nei Monti Lepini offrono uno sguardo affascinante su come una comunità abbia saputo adattarsi e trasformare il proprio ambiente, mantenendo vive le proprie tradizioni in un mondo in rapido cambiamento. L’habitus, inteso come cultura corporea e sensibilità estetica, ha permesso agli abitanti di queste montagne di creare una simbiosi unica con la natura, trasformando pietre in mattoni, cortecce in strumenti musicali, e una vita di fatica in una fonte di orgoglio e identità. Oggi, mentre la modernità avanza, la capanna e la conca continuano a essere simboli di una tradizione che non vuole essere dimenticata. Rappresentano non solo un passato glorioso, ma anche un presente che cerca di mantenere vivo il legame con le proprie radici. In questo modo, gli abitanti dei Monti Lepini continuano a trasformare il loro ambiente, non più solo per sopravvivere, ma per celebrare una cultura che è tanto parte della loro identità quanto le montagne stesse.

La rubrica “Pillole Artistiche” nasce con l’obiettivo di far conoscere, attraverso l’arte e i beni del territorio, i libri del “fondo locale” dei Lepini  e/o ricerche della Compagnia stessa pubblicate diversi anni fa. La Compagnia dei Lepini, che gestisce il Sistema Bibliotecario del territorio, ha il compito di valorizzare la produzione letteraria del fondo librario locale dove sono conservati volumi, che nei decenni scorsi hanno contribuito a promuovere la conoscenza del nostro territorio. Gli articoli  devono essere contestualizzati alla data in cui sono stati pubblicati i libri e/o le ricerche. Le ricerche più recenti potranno contribuire in futuro a comprendere nuovi aspetti dei beni, dei personaggi storici e dei periodi che verranno presi in esame. 
Articolo di: Sinopoli Francesco
Testo di riferimento: Catalogo della Mostra Res Rustica: L’Agricoltura dei Monti Lepini nel Tempo

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