Religiosità e Agricoltura a Carpineto Romano: Un Connubio di Tradizioni e Fede
Nel cuore dei Monti Lepini, Carpineto Romano rappresenta un microcosmo di antiche tradizioni, dove religiosità e agricoltura si intrecciano in un legame indissolubile che ha segnato la vita della comunità per secoli. La mostra “Res Rustica”, che espone oggetti e documenti storici legati a queste tradizioni, pone in luce la profonda connessione tra il sacro e il profano, che ha guidato e scandito l’esistenza dei carpinetani, in particolar modo nelle attività agricole.
LA VITA AGRICOLA E LE FESTIVITA’ RELIGIOSE
La vita agricola di Carpineto Romano, come in molte altre realtà rurali italiane, era disciplinata non solo dai ritmi delle stagioni, ma anche dalle festività religiose. Secondo gli Statuti Ordinari del 1556, l’anno solare dei carpinetani era punteggiato da circa ottanta giorni festivi, durante i quali ogni forma di lavoro era vietata. Queste festività, ciascuna dedicata alla celebrazione di un santo, erano profondamente legate alla richiesta di protezione divina per le attività lavorative della comunità. Un culto particolarmente sentito a Carpineto è quello di Sant’Antonio da Padova, la cui figura era invocata durante la raccolta del grano, cereale fondamentale per l’economia locale e per il sostentamento delle famiglie. La raccolta del grano non era solo un’attività agricola, ma un evento comunitario carico di significati spirituali. La protezione di Sant’Antonio era invocata per garantire un raccolto abbondante, e il ringraziamento per il buon esito della stagione era espresso con riti e processioni che coinvolgevano tutta la comunità.
SANT’ISIDORO AGRICOLA E LA “GREGNA”
Un altro santo di grande importanza per la comunità di Carpineto Romano era Sant’Isidoro Agricola, protettore dei contadini e dei pastori. La sua festa era un momento di particolare significato per i contadini, che raccoglievano la “gregna”, un cumulo di covoni di grano utilizzato per rivestire le capanne, chiamate “casule”, al fine di proteggerle dagli sbalzi termici. Durante la mietitura, i contadini si vestivano con camicie larghe, vecchi cappelli a larghe tese e proteggevano le mani con manopole di cuoio, note come “scarparuccio”. Questi abiti non solo servivano a proteggere i lavoratori, ma erano parte di un rituale che esprimeva gratitudine e speranza per il raccolto.
Le celebrazioni legate al raccolto erano eventi di grande condivisione e ringraziamento. In un resoconto del XX secolo, lo studioso J.K. Fraikin descrive come i mietitori preparassero la “gregna”, sormontata da una rustica croce di canna ornata con spighe e erbe aromatiche. Questo simbolo era portato in processione fino alla chiesa di Santa Maria del Popolo, accompagnato dalle grida “Viva Maria, Viva Maria!”, e veniva depositato come offerta votiva. Questo rito, che intrecciava elementi sacri e profani, sottolineava l’importanza della comunità nel mantenere vivo il legame con la terra e la divinità. Un altro rito carico di significati simbolici era quello che si svolgeva il giorno dell’Ascensione, quando venivano accesi grandi fuochi con ramoscelli di ginepro e altre erbe aromatiche, chiamate “erba zappo”. Questa tradizione, che trova radici nei fuochi delle antiche Cerealia romane e in altre pratiche pagane, dimostra la continuità di usanze ancestrali che sopravvivono nel tempo, assumendo nuovi significati in un contesto cristiano.
PELLEGRINAGGI E DEVOZIONE FAMILIARE
La devozione religiosa a Carpineto Romano si manifestava anche attraverso pellegrinaggi che coinvolgevano intere famiglie. Ad esempio, nel XIX secolo, la famiglia Panetti era solita partire dalla zona delle “Vagli” per recarsi in pellegrinaggio alla chiesa di Santa Maria del Popolo. Qui, dopo aver pregato davanti al rilievo quattrocentesco della Madonna col bambino, situato all’esterno della chiesa, i membri della famiglia intonavano serenate, bevevano vino e lo offrivano ai passanti, in un rito che celebrava il buon raccolto e la protezione divina.
Tra le celebrazioni più significative legate all’agricoltura a Carpineto Romano vi era quella di San Rocco, il 16 agosto. Durante la solenne processione, il busto bronzeo del santo, realizzato dall’Abate di Acuto Filippo Fioravanti nel 1793, veniva trasportato per le vie del paese. In questa occasione, i fedeli lanciavano castagne secche sul busto, come segno di buon auspicio per il raccolto autunnale. Le castagne, infatti, rappresentavano un prodotto di grande valore per l’economia locale, ancora oggi celebrate con eventi e sagre dedicate.
Uno degli oggetti simbolo dell’esposizione “Res Rustica” a Carpineto Romano è proprio il busto di San Rocco, un’opera che rappresenta non solo un capolavoro artistico del Settecento carpinetano, ma anche un emblema della profonda devozione della comunità. La sua realizzazione, in un periodo di grande prosperità per Carpineto Romano, simboleggia l’importanza della religione come forza unificante e protettiva in una società rurale fortemente legata ai cicli naturali e alle attività agricole.
La mostra “Res Rustica” offre un’immersione nella vita quotidiana di Carpineto Romano, rivelando come la religiosità permeasse ogni aspetto dell’esistenza, specialmente in relazione all’agricoltura. Le tradizioni e i rituali, tramandati di generazione in generazione, raccontano di una comunità che ha sempre trovato nel sacro una fonte di protezione e speranza, mantenendo vivo un patrimonio culturale che continua a essere celebrato e valorizzato ancora oggi.
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