Le Terre di Nessuno a Roccagorga: una storia di contadini, diritti feudali e protesta sociale
Nell’ambito della mostra Res Rustica, svoltasi dal 18 agosto al 17 novembre 2024 nei comuni dei Monti Lepini, il Comune di Roccagorga ha raccontato una storia secolare di lotte per la terra, diritti feudali e ribellione sociale. Il tema scelto, legato alle terre macchiose e incolte che non erano di nessuno, ha riportato alla luce un capitolo cruciale della storia del territorio, in cui contadini e feudatari si contendevano i diritti su queste terre. Nel XVIII secolo, queste terre incolte e selvagge, da sempre considerate prive di un reale proprietario, erano state occupate e coltivate dai contadini locali. Nonostante le difficoltà, i contadini avevano recintato e messo a coltura questi terreni, riconoscendoli come risorsa preziosa per il loro sostentamento. Tuttavia, il Cardinale Domenico Orsini di Gravina, signore feudale del territorio, reclamava diritti su queste stesse terre, basandosi su una “tradizione orale” mai contestata prima.
IL POTERE FEUDALE DEL CARDINALE ORSINI E IL CONTENZIOSO SULLE TERRE MACCHIOSE
Il Cardinale Orsini, forte del suo potere feudale, rivendicava su quelle terre diritti mai formalmente documentati. Il cardinale scriveva: “Lo jussi è tradizione e consuetudine immemorabile, la quale però, dipendendo dalla mente degli uomini, opera che ognuno voglia incorporarla a suo talento, e come più cade in acconcio delle circostanze”. Sebbene non avesse un titolo scritto che attestasse la sua proprietà su quelle terre, il Cardinale si appellava alla consuetudine, considerandole di fatto sue. Tuttavia, il popolo di Roccagorga, bisognoso e affamato di terra, non poteva ignorare l’importanza di quei terreni per il proprio sostentamento. I contadini avevano infatti già iniziato a recintare e coltivare porzioni di terra, trasformando gli appezzamenti incolti in piccole aziende agricole capaci di garantire raccolti e pascoli. Questo processo di occupazione spontanea si scontrava direttamente con le pretese del Cardinale, creando una tensione crescente tra il potere feudale e il popolo. Per risolvere il conflitto, il Cardinale Orsini cercò una soluzione diplomatica che formalizzasse i suoi diritti feudali e allo stesso tempo sancisse le concessioni fatte ai contadini. Il 22 novembre del 1750, dopo una serie di incontri tra il Cardinale, il Governatore Marco Dominici e i rappresentanti del popolo, si giunse a una solenne transazione. Questa soluzione, nota come “Istromento di Concordia”, doveva mettere fine alle dispute e stabilire regole precise per l’uso delle terre. L’accordo prevedeva che i contadini potessero continuare a coltivare le terre che avevano già occupato, recintato e migliorato. Inoltre, il Cardinale concedeva la possibilità di occupare nuove terre, limitatamente a un massimo di mezzo rubbio (unità di misura terriera) per ogni rubbio già posseduto. In cambio, il Cardinale si riservava la libertà di ritrovare e coltivare altri terreni macchiosi senza alcuna limitazione, consolidando così il suo potere su gran parte del territorio. L’accordo sembrava porre fine alla contesa, ma l’equilibrio raggiunto era solo temporaneo.N onostante l’Istromento di Concordia, le tensioni tra i contadini e i proprietari feudali non scomparvero. Nei decenni successivi, infatti, l’accordo non fu rispettato, e i diritti dei contadini sulle terre continuarono a essere messi in discussione. Questa situazione di sfruttamento e ingiustizia culminò nella drammatica protesta contadina del 6 gennaio 1913, quando i contadini si ribellarono per rivendicare il diritto alle terre. La protesta fu repressa nel sangue: otto contadini furono uccisi dall’esercito, chiamato a difendere il Municipio di Roccagorga. Questo tragico episodio segnò uno dei momenti più dolorosi della storia del paese, lasciando un segno indelebile nella memoria collettiva del popolo. Ancora oggi, la ribellione del 1913 è ricordata come una battaglia per la giustizia sociale e i diritti della terra, un tema che risuona profondamente nell’identità della comunità di Roccagorga.
IL TASCAPANE DI ANTONIO RICCI
Durante la mostra Res Rustica, Roccagorga ha scelto come simbolo della propria identità agricola un oggetto semplice ma carico di significato: il tascapane, noto in dialetto come tascapano. Questo umile oggetto, donato dalla famiglia Ricci all’Etnomuseo di Roccagorga, era l’equivalente della valigetta che i contadini portavano con sé nei campi, contenendo tutto il necessario per affrontare la lunga giornata di lavoro. Il tascapane di Antonio Ricci, detto “Pasqualotto”, era un compagno inseparabile del contadino: all’interno vi si trovava cibo, pane, olive, formaggio, un coltello, una bottiglia di vino e altri oggetti di uso quotidiano, indispensabili per lavorare la terra. Questo semplice strumento racconta la quotidianità e la fatica del lavoro nei campi, evocando una connessione profonda con la terra e con una tradizione contadina che ha segnato la storia e la cultura del territorio. Il tascapane simboleggia non solo la resilienza e l’ingegno dei contadini, ma anche il loro attaccamento alla terra, un legame che va oltre il semplice lavoro e che diventa parte dell’identità culturale di Roccagorga. La presenza del tascapane nella mostra rappresenta un tributo alla vita semplice e dura dei lavoratori della terra, ricordando il loro ruolo cruciale nella storia della comunità.
La partecipazione di Roccagorga alla mostra Res Rustica ha offerto l’opportunità di riscoprire una storia di lotta per la terra e di resilienza contadina che continua a essere parte integrante dell’identità locale. Le terre macchiose, un tempo incolte e contese, sono diventate il simbolo della lotta per i diritti e della dignità di un popolo che ha cercato di ottenere giustizia e di rivendicare il proprio legame con la terra. Il ricordo del Cardinale Orsini e della sua diplomazia, insieme alla drammatica protesta del 1913, sottolineano come la questione della terra sia sempre stata al centro della vita sociale e politica di Roccagorga. Il tascapane, oggetto simbolo della mostra, riassume in sé la storia di un popolo che ha vissuto e lavorato la terra con dedizione, affrontando difficoltà e oppressioni, ma sempre conservando la speranza di un futuro migliore. Oggi, la storia delle terre macchiose e della lotta contadina rappresenta non solo una pagina del passato, ma un messaggio di resilienza e speranza per le generazioni future, invitando a riflettere sull’importanza del legame con la terra e sui diritti di chi, su quella terra, costruisce la propria vita.
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