Cammino di San Tommaso D’Aquino
San Tommaso D’Aquino è nato a Roccasecca(1225), nel castello paterno da Landolfo d’Aquino, signore di Roccasecca e da Teodora Caracciolo, nobile napoletana. Discendente da una famiglia di cavalieri, nelle sue vene si mescolava il sangue di antenati longobardi e normanni, residenti da tempo nella regione assoluta della Terra di Lavoro. Nel 1230 fu condotto a Montecassino per essere oblato benedettino; nel 1239-44 a Napoli, studia alla facoltà delle arti (discipline grammaticali, filosofiche e scientifiche); 1244 entra come novizio nell’Ordine dei frati Predicatori (domenicani); 1245-48 studente di teologia a Parigi, sotto la guida del dottore domenicano Alberto Magno; 1248-52 segue Alberto Magno a Colonia, dove completa gli studi curricolari ed inizia la collaborazione accademica con il maestro; 1252-56 viene richiamato alla facoltà di teologia di Parigi, come baccelliere incaricato di tenere corsi sulle Sentenze di Pier Lombardo, il manuale sistematico di teologia adottato nei corsi istituzionali. Per Tommaso l’anima è creata “a immagine e somiglianza di Dio” (come dice la Genesi), unica, immateriale (priva di volume, peso ed estensione), forma del corpo e non localizzata in un punto particolare di esso, trascendente come Dio e come lui in una dimensione al di fuori dello spazio e del tempo in cui sono il corpo e gli altri enti. L’anima è tota in toto corpore, contenuta interamente in ogni parte del corpo, e in questo senso legata ad esso indissolubilmente: si veda, sul tema, la questione 76 della Prima Parte della Summa theologiae, questione dedicata appunto al rapporto tra anima e corpo.
Secondo Tommaso:
«Ciò che si accetta per fede sulla base della rivelazione divina non può essere contrario alla conoscenza naturale… Dio non può indurre nell’uomo un’opinione o una fede contro la conoscenza naturale… tutti gli argomenti contro la fede non procedono rettamente dai primi principi per sé noti.» Tommaso d’Aquino è senza dubbio uno dei più grandi astri del pensiero cattolico. Chiunque voglia pensare (filosoficamente e teologicamente) in modo cristiano non può non fare i conti con lui, che non per nulla è stato ripetutamente indicato da Sommi Pontefici, soprattutto nell’Ottocento (si veda in particolare la Aeterni Patris di Leone XIII) e, in parte, nel Novecento (in particolare Paolo VI), come fonte assolutamente autorevole e sicura in campo filosofico e teologico: Doctor Communis oltre Doctor Angelicus. Inoltre San Tommaso D’Aquino ha avuto il merito di integrare la filosofia aristotelica in una sintesi cristiana. Ha dimostrato cioè che si poteva usare Aristotele, senza divenirne succubi: per lui il pensiero del Filosofo era un utile strumento, non un assoluto. Per cui Tommaso segue Aristotele dove Aristotele ha detto cose vere, integrabili con la fede cattolica ossia espressive di una sana ragione, ma non lo segue su tutto, non dove lo Stagirita contraddice al contempo la fede e la ragione (sull’eternità del mondo e sulla mortalità personale), e lo integra su più punti, tanto con la tradizione patristica e agostiniana, quanto con un suo personale e creativo apporto (come nel caso dell’actus essendi). L’aristotelismo di S. Tommaso è evidente nella sua gnoseologia, che vede tutta la conoscenza umana prendere le mosse dal sensibile, senza alcuna forma di innatismo (dal che segue il rifiuto delle prove a-priori dell’esistenza di Dio), e nella sua antropologia che vede una stretta unità dell’anima e del corpo, laddove il precedente agostinismo pensava a una maggiore indipendenza dell’anima dal corpo. Aristotelismo però non significa naturalismo, e men che meno materialismo: Tommaso non dimentica che il livello principale dell’uomo è lo spirito, il cui dinamismo è tutto orientato a un compimento trascendente e soprannaturale: l’uomo è desiderio di Dio. |
San Tommaso d’Aquino morì il 7 marzo 1274, alle prime ore del giorno, nella foresteria dell’abbazia di Fossanova Lombardo, il manuale sistematico di teologia adottato nei corsi istituzionali.
Il frate domenicano negli ultimi mesi aveva avuto visioni straordinarie, che al confronto gli avevano fatto apparire “paglia” le migliaia di geniali pagine che aveva scritto. Aveva anche da poco rifiutato la nomina ad arcivescovo di Napoli, ma non aveva potuto declinare la convocazione di papa Gregorio X per il Concilio che doveva iniziare il 1° maggio 1274 a Lione. Così il Dottore Angelico (ma quanti soprannomi aveva san Tommaso?) aveva dovuto lasciare Napoli e mettersi in cammino.
Chissà, forse perché era inverno, forse perché l’agro pontino era paludoso e insalubre, fatto è che la mente più brillante della sua epoca si ammalò, prima ancora di aver raggiunto Roma. Dovette fermarsi a riposare a Fossanova, dove però rapidamente peggiorò. Tommaso capì che era giunta la sua ora, ma non fece resistenza, rassicurato dal destino buono che, ne era certo, lo attendeva.
Così il 4 o forse il 5 marzo Tommaso si confessò dall’amico Reginaldo, fece la comunione, pronunciò la sua consueta professione di fede. Il giorno dopo ricevette l’Unzione degli infermi, ovvero l’olio santo, rispondendo personalmente alle preghiere del rito. Infine, all’alba del 7 marzo 1274, dopo avere ancora una volta ricevuto l’eucaristia, il grande teologo padre della Scolastica, l’uomo che facendo dialogare fede e ragione aveva dato alla filosofia cristiana una solida base scientifica, si spense in una stanza al primo piano della Foresteria di Fossanova.
Tommaso d’Aquino venne sepolto in chiesa e Fossanova, che viveva allora il suo periodo d’oro, fu per un secolo meta di visite alla sua tomba. Il numero dei pellegrini però calò bruscamente dopo che i domenicani nel 1369 traslarono il corpo del santo a Tolosa, lasciandone vuota la tomba.
A Fossanova restarono alcune reliquie e la testa, vera o presunta, del santo. Reliquie che nel 1798, quando il monastero fu saccheggiato dai soldati di Napoleone, furono salvate trasferendole nella cattedrale di Priverno dove sono da allora custodite e venerate, in una delle cappelle laterali, e da cui escono solamente la vigilia della festa patronale di san Tommaso d’Aquino (7 marzo) per essere portate in processione.
Fossanova, così, in qualche modo è rimasta legata per sempre a quel santo che, qui solo di passaggio, ne fece il luogo per ben altro e definitivo transito.
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