Il territorio collinare e pianeggiante di Artena è particolarmente votato alla coltura dei cereali e del grano in particolare, tanto che, nel passato, il Cardinal Scipione Borghese fece costruire un monumentale granaio su tre piani, razionalmente ventilato. La tradizionale coltura cerealicola è ancora fiorente: si coltiva tuttora il grano duro, quello tenero ed il mais. I cereali vengono macinati nei molini locali, ottenendo farine, che, sempre fresche, possono essere acquistate sia presso gli stessi molini sia nei negozi. Il profumo caratteristico del pane si spande intorno ai forni locali, alcuni dei quali a legna. Vengono sfornate diverse pezzature di pane, sempre fragranti: si va dalle pagnotte da 1,5 kg alle pagnottine da 1 kg.
E’ un piatto preparato con brodo di fagioli, al quale vengono aggiunti una sorta di maltagliati impastati con acqua e farina o anche uova. A seconda della grandezza e dello spessore del taglio dato alla pasta, è chiamata sagna a patacca.
Impasto di farina, acqua e qualche uovo, ritagliato dalla massa, assottigliato con le mani, fino a raggiungere lo spessore di uno spaghetto. La bontà deriva dalla lavorazione a mano. Il condimento è vario: sugo di pecora, sugo con spuntature e, durante la stagione propizia, con galletti o porcini, in bianco o al pomodoro.
L’impasto è quello già descritto o con l’aggiunta del triteglio, una farina con residuo di crusca. Vengono, quindi, ritagliati a dimensione di una grossa oliva, schiacciati con la punta del dito indice divenendo ncavati. Condimento secondo i gusti.
L’alimentazione di base dei pastori e dei contadini, oltre al pane, è sempre stata fornita dal latte e dai suoi derivati. Così ad Artena è ancora fiorente l’attività lattiero-casearia ed i pastori ed alcune aziende locali trasformano il latte in una vasta gamma di prodotti, rispettando modalità, tempi e tecniche di lavorazione, tramandate dal passato. Il caglio, che dà inizio alla fermentazione del latte, è tratto dagli enzimi dello stomaco dell’abbacchio ancora lattante. Il primo frutto del latte rassodato è la giuncata, quindi le successive lavorazioni portano ad ottenere il formaggio, sagomato entro cilindri di legno, infine la ricotta. Tutti i prodotti vengono commercializzati sia freschi che variamente stagionati. Il pecorino stagionato ha un sapore e un profumo esclusivo. Ricotte e formaggi si possono degustare, oltre che negli stand del Palio delle Contrade, nelle feste patronali e nelle sagre occasionali, nei negozi autorizzati.
L’allevamento delle pecore e delle capre, allo stato brado e semi brado, e la lavorazione delle loro carni e del loro latte caratterizzano l’economia artenese. L’attività silvo-pastorale viene praticata fin dai tempi dei Volsci e dei Romani, ed ancora oggi, a differenza di altre zone montane e collinari, il numero degli ovi-caprini è notevole, tanto da contare circa 12.000 pecore e 3.000 capre. Le carni che vengono commercializzate nei negozi sono rigorosamente autoctone e conservano, al momento della cottura, gli stessi profumi e gli stessi sapori che avevano al tempo dei Borghese e dei briganti. Certo, le carni ovi-caprine hanno un odore e un gusto forte, ma alcuni accorgimenti, nella frollatura e nella cottura, ne fanno apprezzare la bontà anche ai palati esigenti. Ovviamente, le carni più pregiate sono quelle degli abbacchi e dei capretti. La cucina artenese si esalta nel preparare piatti gustosissimi con queste tenere e delicate carni: in padella, al forno, allo spiedo, arricchite da ingredienti e piccoli accorgimenti tenuti segreti. Anche le carni degli esemplari adulti hanno un loro particolare sapore, dovuto alla sapidità dei foraggi che crescono sulle colline e sulle montagne lepine, non ancora fortemente contaminate dagli inquinamenti. La carne di capra e di pecora, in particolare, accompagna i pranzi e le cene di tutte le feste civili e religiose della comunità e le ricorrenze familiari o i festeggiamenti tra amici.