Tematismo: storico, artistico
Luogo di partenza: Piazza Galileo Galilei
Difficoltà: nessuna
Tempo: 2 ore circa
Arrivati ad Artena si può parcheggiare nei pressi di Piazza Galileo Galilei, da qui si può iniziare il percorso a piedi. Si prosegue lungo Largo Cristoforo Colombo dove è possibile incontrare la vecchia Torre dell’acqua e il Museo Civico Archeologico ( ex Granaio).
Il Museo di Artena, allestito nel seicentesco Granaio Borghese, ospita una collezione formatasi grazie a due distinte azioni di studio e valorizzazione: le ricognizione condotte in tutto il territorio comunale e, soprattutto, le campagne di scavo intraprese in loc. Piano della Civita (dove insistono le rovine di un antico abitato). Congiuntamente al nuovo allestimento del Museo si è lavorato alla musealizzazione dell’area archeologica, ora dotata di percorsi attrezzati, pannelli didattici e di un apposito centro visite.
Più avanti è situata l’Antica Osteria, rimasta tale fino all’anno 1883 . Successivamente venne trasformata in Asilo per bambini ed affidata alle suore della Carità, che ancora oggi vi operano. L’edificio è anche sede del Municipio. L’osteria aveva una pianta quadrangolare con il lato lungo disposto sulla via latina, originariamente aveva due ordini di arcate per ogni lato, al pian terreno si aprivano i caratteristici archi fatti ad ottagongolo, mentre il piano superiore era ad archi a tutto sesto. Ogni lato presentava quindi un porticato nella parte bassa e un loggiato in quella alta.
Continuando su Piazza Dell’Unione è possibile vedera la Chiesa del Rosario. Situata all’inizio del Borgo, la sua costruzione è dovuta alla volontà di Orinzia Colonna. Iniziata verso il 1586, venne consacrata nel 1591. Si ritiene che sia stata fondata sulle rovine di un antico edificio, è a croce latina, con undici altari ornati da pitture del XVII secolo. Sull’altare maggiore vi è il quadro della Vergine del Rosario, risalente al XVI secolo, ultimamente restaurato. Interessanti sono anche i quadri dedicati a S. Francesco d’Assisi di Orazio Zecca, pittore artenese del XVII secolo e la statua di legno di S. Maria Maddalena, patrona del paese, fatta costruire nel 1598 da Don Pompeo Pompa.
Proseguendo la lunga passeggiata su Via Giuseppe Garibaldi si passa sotto l’Arco Borghese, Il capitolo più importante dell’attività edilizia della famiglia Borghese fu quello della creazione della grande piazza antistante il palazzo Borghese, raggiungibile grazie ad una grande strada in salita, che passa attraverso un arco monumentale. La situazione precedente ai lavori voluti dal cardinale Scipione ci sono noti grazie alla descrizione e ai disegni dell’Itinerario da Mondragone a Montefortino del Pontefice Paolo V nel 1615, da cui apprendiamo che la salita originariamente terminava nel punto in cui oggi si trova l’arco, dove c’era uno stretto portone, che si trovava tra la stalla di Palazzo Colonna e la salita che portava alla vecchia piazza, più piccola e a una quota più alta; dalla medesima porta un’altra strada in salita raggiungeva l’entrata del palazzo passando attraverso un arco chiamato “antiporta”, che già allora si apriva verso ovest.
Durante la salita è possibile scorgere Palazzo Borghese che è l’unione di due antichi corpi di fabbrica, appartenuti ai precedenti padroni di Montefortino, ossia i Colonna e i Massimo. L’ala ovest del palazzo, corrispondente al vecchio palazzo dei Colonna, merita una particolare attenzione, in quanto conserva tracce della fabbrica più antica, databile attorno al XIII secolo. Si tratta di una serie di arcate su cui era impostato il vecchio nucleo abitativo. Sul prospetto del palazzo rivolto verso valle è inoltre visibile un’altra serie di archi, ormai tamponati, stretti e alti, in muratura bicroma, aventi in passato funzione di rinforzo e di contenimento del muro.
Qui si conclude l’itinerario di Artena.
Alla fine della lunga salita si arriva alla Piazza della Vittoria dove è possibile vedere Il Palazzetto del Governatore . Anch’esso opera del Vesanzio, costruito nel XVII secolo, fu sede della pubblica amministrazione di Montefortino, abitazione del governatore i carica e carcere per i condannati. È ornato sulla facciata da cordoni e fasce di tufo.
Da Piazza Vittoria si può prendere Via Cavour e entrare cosi nei vicoli del centro storico di Artena da dove è possibile raggiungere prima La Chiesa di Santo Stefano e poi La Chiesa della Collegiata di Santa Croce.
La Chiesa di Santo Stefano citata per la prima volta nella Bolla Pontificia del 1182. ha una pianta irregolare, divisa in due navate da una serie di pilastri a sezione quadrangolare realizzati in blocchi di peperino. La navata di destra è coperta a volta a crociera, frutto probabilmente di un successivo ampliamento, collocabile verso la metà del XIV secolo. La chiesa medievale fu restaurata per volontà di Camilla Orsini, moglie di Marcantonio Borghese, dal 1619 al 1658, data di morte del marito (ne è una prova lo stemma collocato sulla facciata della chiesa). La chiesa, infatti, era stata pesantemente danneggiata da un incendio nel 1557, tanto da spingere il clero di Montefortino a supplicare nel 1652 il principe Marcantonio Borghese di restaurarla.
Verso la metà del XVII secolo la chiesa della Collegiata di Santa Croce conservava ancora la sua facies medievale, che il Serangeli descrive con accuratezza. Di questa fase rimangono oggi soltanto alcuni frammenti di decorazione architettonica “cosmatesca”, conservati nei locali della moderna sagrestia. Il restauro è da ascriversi alla committenza del Principe Giovan Battista Borghese, che nel 1659 incaricò di questo l’architetto Domenico Terzago, coadiuvato dal capomastro Francesco Buratti (l’architetto Terzago è presente nei registri contabili della famiglia Borghese per gli anni 1672 – 1683). La chiesa attuale presenta una navata unica, coperta da volta a botte e quattro/sei cappelle laterali, fu completata nel 1661, come testimonia l’iscrizione che corre lungo la facciata. La facciata è semplice, affiancata da due campanili.
Da qui si può tornare al parcheggio e riprendere l’auto per raggiungere Il Convento di Santo Stefano, costruito nell’ottobre del 1629 per volontà del Cardinale Scipione Borghese sulle pendici del Monte Foresta. La costruzione del Convento fu preceduta dall’acquisto di alcuni appezzamenti da parte del Cardinale , che affidò il progetto dell’opera all’architetto Giovan Battista Soria, già attivo in precedenza nel Palazzo di Montefortino come falegname. La costruzione, iniziata nel 1629, si protrasse anche dopo la morte del cardinale, avvenuta il 2 ottobre 1633, poiché a questa data la chiesa non aveva gran parte dei suoi arredi, compresi i quadri delle quattro cappelle laterali e dell’altare maggiore, che furono previsti da Scipione stesso, ma realizzati dopo il 1636.La chiesa ha cinque altari, quello maggiore SS. Nome di Gesù, la Beata Vergine e S. Anna, probabilmente del Vanenti, a cui sono posti altri quadri posti come ornamento dei rispettivi altari, quello di S. Antonio Abate e S. Antonio da Padova e quello di S. Chiara e S. Elisabetta di Portogallo. Il coro è in noce. Il quadro del crocefisso dietro l’altare maggiore è opera di Padre Bernardo da Digione. Il convento fu sede di due scuole, una di teologia per i religiosi, e l’altra di filosofia per i secolari. Rilevante è la presenza di una ricca biblioteca, fondata dal teologo e filosofo Padre Gerolamo da Montefortino.
Poi percorrendo Via del Convento , poi Via del Santuario e in fine Via Santa Maria si arriva alla Chiesa di Santa Maria delle Letizie. Sorge su uno dei luoghi più affascinanti di Artena da cui si domina l’intera vallata del Sacco e si gode un indescrivibile panorama. Situata in prossimità della parte più altre del monte detto La Rocca, distante dal paese circa un chilometro, il Santuario anticamente era sotto il titolo di Santa Maria delle Letizie, in seguito popolarmente si chiamò Santuario della Madonna delle Grazie.
Da qui è possibile raggiungere l’Area Archeologica in località Piano della Civita, percorrendo l’omonima via, L’importanza dell’area archeologica e delle decennali attività di ricerca ivi condotte è data dal fatto che, a partire dal I sec. a.C., nell’area ormai abbandonata della città, e precisamente sulla cosiddetta terrazza centrale, venne impiantata una villa rustica, che visse almeno fino al III sec. d.C. Anche questo complesso è oggetto da vari anni di regolari campagne di scavo archeologico, che ne stanno ricostruendo l’intera vicenda storica, fatta di modifiche, ampliamenti, ingrandimenti, come in tutti gli edifici che hanno una lunga frequentazione e utilizzo.