Giardini e rovine di Ninfa
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Seppur nel territorio del Comune di Cisterna di Latina, Ninfa è strettamente legata alla storia della famiglia Caetani e quindi a Norma e Sermoneta, dalle quali dista pochi chilometri. Ai margini della via Pedemontana Volsca che collegava Roma con il Sud del Lazio, proprio sotto la rupe di Norma, al lato di un limpido laghetto formato dalle acque del fiume Ninfeo, nel VII secolo d.C. si insediò un modesto nucleo di abitanti che avevano abitato la diruta Norba.
Nel 741 l’imperatore Costantino Copronimo donò, al Papa Zaccaria, Ninfa e Norma. Nel IX secolo Ninfa fu in possesso dei Conti di Tuscolo e solo nel 1805 entrò a far parte dei possedimenti della Santa Sede. Nel 1159, proprio a Ninfa, Rolando Bandinelli venne incoronato papa con il nome di Alessandro III nella chiesa di Santa Maria Maggiore, di cui restano le rovine. La cittadina fu in possesso dei Frangipane e degli Annibaldi, ma Ninfa raggiunse l’apice a partire dal 1297 con Pietro Caetani, nipote di Bonifacio VIII, il quale incentivò sia l’attività edilizia che commerciale. I Caetani, infatti, la potenziarono con la costruzione di ben sette chiese, oltre 150 abitazioni, due mulini per cereali, mura di cinta e un palazzo con una robusta torre.
Le fortune di ninfa durarono fino al febbraio del 1382. In quell’anno, travolta da lotte fratricide, fu totalmente distrutta e non fu mai ricostruita. La malaria fece il resto, disperdendo i pochi contadini rimasti sul posto. Ormai esisteva solo nel ricordo, tanto che nell’Ottocento veniva definita la “Pompei del Medioevo” (Gregorovius).
Sono migliaia le piante che ormai hanno attecchito e seguono un tranquillo ciclo vitale, sotto la guida di esperti tecnici e botanici. Insieme ai nostrani ontani, salici, pioppi, olivi, querce, aranci, limoni, melograni, crescono l’azzurro ceanothus californiano, i grandi aceri nipponici, le betulle boreali, l’albero dei tulipani, l’acero dello zucchero, magnifici bambù, la splendida Gunnera manicata, i ciliegi cinesi, la calla etiopica. Profumatissime sono le aree coltivate con rose, garofani, papaveri, tulipani, peonie, begonie, lillà, lavanda, salvia e rosmarino.
Nel 1921 ci fu la svolta grazie a Gelasio Caetani, figlio di Onorato Caetani, il quale iniziò la bonifica della zona e il restauro dei ruderi (in particolare della torre e del Municipio) e avviò un’opera di recupero botanico attraverso la piantumazione di diverse specie vegetali, sotto la guida di Aba Wilbraham Caetani, sua madre. L’opera fu poi continuata dal fratello Roffredo, da sua moglie Marguerite Chapin, e da Lelia Caetani Howard, loro figlia. Il giardino è quindi il risultato di amorose cure e geniali interventi botanici indubbiamente favoriti dal microclima del sito di Ninfa, protetto a nord dalla sovrastante rupe di norma e regolato termicamente dal fiume che in esso origina.
Nel 1977 Lelia Caetani moriva senza eredi e, con lei, dopo oltre 700 anni, si estingueva anche il casato. Per evitare la dispersione di un patrimonio così vasto, donna Lelia, quando era in vita, istituì la Fondazione “Roffredo Caetani di Sermoneta”, alla quale intestò la proprietà: un’azienda agricola, Ninfa e il Castello di Sermoneta. Nel 2000 tutta l’area di Ninfa è stata dichiarata monumento naturalistico ed il giardino è stato definito, dal The New York Times, il più bello al mondo.
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