Gli Annuari di Valvisciolo 2020
Gli Annuari di Valvisciolo 2020
1520 Il 6 aprile Raffaello muore improvvisamente a Roma all’età di trentasette anni. Lascia una vera e propria Scuola, condotta inizialmente da Giulio Romano, di cui fanno parte Giovan Francesco Penni, Giovanni da Udine, Polidoro da Caravaggio, Raffaellino del Colle e Perin del Vaga, futuro maestro di Girolamo Siciolante.
1521 Girolamo Siciolante nasce a Sermoneta. 1523 Perin del Vaga è a Firenze ove incontra Rosso Fiorentino e Pontormo. Si prepara la toscanizzazione dell’arte romana dopo Raffaello. Giulio de’ Medici viene eletto papa col nome di Clemente VII.
1524 Numerosi artisti giungono a Roma su invito di Paolo Valdambrini, segretario di Clemente VII. Tra questi sono Rosso Fiorentino e Francesco Mazzola detto il Parmigianino, che con Perin del Vaga danno origine al cosiddetto ‘stile clementino’-in cui si coniugano le bizzarrie del Rosso, la nevrotica instabilità dei personaggi di Perino e le soffuse atmosfere emiliane del Mazzola.
1527 Dal 6 maggio sino al 9 febbraio del 1528 si consuma il drammatico Sacco di Roma, episodio tra i più devastanti per la storia e la cultura dell’Urbe. La maggior parte degli artisti è costretta a fuggire: Parmigianino si reca a Bologna, Rosso Fiorentino ripara a Sansepolcro e Perin del Vaga a Genova. Aveva così termine la “stagione clementina”.
1531 Giungono a Roma, da Firenze, Giorgio Vasari e Francesco Salviati.
1534 Michelangelo torna a Roma dopo un lungo soggiorno trascorso a Firenze. Alessandro Farnese, figlio di Pier Luigi e Giovannella Caetani, diventa papa col nome di Paolo III.
1535c. Siciolante giunge a Roma per iniziare l’alunnato presso la bottega di Leonardo da Pistoia.
1538 Dall’incontro di Giorgio Vasari e Francesco Salviati con Perin del Vaga (rientrato da Genova negli ultimi mesi del 1537) nasce la “Maniera” romana” o “Scuola tosco-romana”, edulcorata dall’estremismo formale tipico della coeva Maniera toscana.
1541 Michelangelo termina il Giudizio Universale. Girolamo Siciolante su incarico di Bonifacio Caetani dipinge la Pala di Valvisciolo.
Fra i valorosi uomini che illustrarono Sermoneta, va annoverato Girolamo Siciolante, insigne pittore dell’età dell’oro del Rinascimento… Il primo celebrato lavoro del Siciolante fu una tavola eseguita a venti anni, rappresentante la Sacra Famiglia con Santi, che per molto tempo fece bella mostra di sé sull’altar maggiore della chiesa della Badia di Valvisciolo.
Umberto Bianchi Cagliesi (1909)
Primo dipinto documentato di Girolamo Siciolante, la Madonna col bambino ed i santi Pietro, Stefano e Giovannino – noto anche come Pala di Valvisciolo o Pala Caetani – è un olio su tavola di grandi dimensioni (cm 275 x190) che ha decorato l’altare maggiore nella chiesa dell’abbazia di Valvisciolo sino alla seconda metà dell’Ottocento, quando i Caetani ne decisero il trasporto a Roma. Dal 1970 l’opera è stata riportata a Sermoneta presso il Castello Caetani, dov’è tuttora visibile nella cosiddetta Sala del Cardinale. La Pala, non firmata, è datata 1541 (MDXXXXI) nel registro inferiore, sulla pietra posta in prossimità dei piedi della Vergine. Fu realizzata, secondo Giorgio Vasari (1), quando l’artista era ventenne:
Quella del Vasari è la prima testimonianza sulla imponente Pala di Valvisciolo, edita quando l’artista era ancora in vita ed operava a Roma per le più influenti famiglie dell’aristocrazia pontificia come Colonna, Massimo, Farnese e Caetani. Nel secondo Settecento l’opera viene nuovamente menzionata dallo storico sermonetano Pietro Pantanelli (2), che riprende in parte le notizie del Vasari:
Molti anni più tardi, nel 1932, Adolfo Venturi nella sua imponente Storia dell’Arte Italiana (3) riserva un ampio capitolo all’artista sermonetano e alle sue opere. Venturi avverte nel dipinto di Valvisciolo una “difficoltà del movimento e dell’appiombo delle figure”; poco più avanti, però, a proposito degli affreschi sermonetani nella chiesa S. Giuseppe, evidenzia positivamente come la “dura pasta del Sermonetano si è sciolta”.
La grande Pala di Valvisciolo è ricordata anche da Gelasio Caetani, nelle pagine della sua Domus Caietana(4) , che annota il trasferimento dell’opera da Valvisciolo a Roma:
Particolare interesse rivestono le pagine dedicate da Federico Zeri (1951) (5) al pittore sermonetano. Il grande storico dell’arte romano rileva come “a Girolamo Siciolante spetti un’attenzione meno scarsa di quella che si meritano i pittori con cui viene abitualmente considerato in fascio” e considera la Pala di Valvisciolo “la cosa più informata ai modi di Perin del Vaga che si possa reperire”.
Un’opinione in parte condivisa da John Hunter nel suo ampio studio dedicato all’artista sermonetano del 1996 (6) :
Sempre Hunter (7), ricorda come Camillo Caetani:
La Madonna col Bambino e Santi, pur essendo un dipinto giovanile del Siciolante, ci mostra già un artista padrone del disegno e del colore. Proprio il cromatismo nei primi anni di attività di Girolamo si distingue per i vivaci changeants, gli intensi contrasti e volgerà, nella maturità, verso una gamma più chiara, più calda, fatta di più naturali trapassi da un colore all’altro. Nella solenne impaginazione la pala riprende il classico schema delle Sacre Conversazioni, con la Vergine ed il Bambino al centro dell’opera e i santi collocati simmetricamente sui due lati. In un disegno preparatorio (penna, acquerello bruno e carboncino su carta imbrunita mm 376×273) conservato presso il Gabinetto dei disegni del Louvre, balzano agli occhi alcune significative dissonanze con il dipinto: la più evidente riguarda la figura della Vergine col Bambino, alle cui spalle, al posto del tradizionale catino absidale, compare un grande albero, simbolo della croce e di resurrezione in quanto rinnovamento attraverso la morte di Cristo sulla croce.
La sostituzione del moderno albero con la più ortodossa abside – rappresentazione dell’istituzione della Chiesa – potrebbe essere stata suggerita a Siciolante dal gusto conservatore del committente o dalla visione degli affreschi attribuiti a Desiderio da Subiaco che decorano le Camere Pinte del Castello Caetani; in particolare dalla rappresentazione della Fede, che denuncia più di una interessante analogia con la Madonna di Siciolante.
Ad una prima analisi, nel dipinto sermonetano risaltano le suggestioni di matrice raffaellesca, coniugate con rimandi ancora quattrocenteschi, in parte in riferibili all’alunnato di Girolamo presso Leonardo da Pistoia. Queste ben si colgono oltre che nell’arcaica struttura del dipinto, nella evidente stilizzazione dei lineamenti di Santo Stefano e di San Pietro. Più vicine ad un gusto tipicamente manierista, sono il dialogo con la natura, l’inserto di brani paesistici – più rilevanti nel disegno del Louvre e ridimensionati dall’Artista nella versione dipinta – e, infine, l’atmosfera soffusa, sospesa, tanto cara all’arte emiliana coeva.
Proprio questa componente emiliana, solo in parte indagata per quel che riguarda gli anni giovanili dell’artista, mi sembra costituisca uno dei segni distintivi del quadro sermonetano. Se è vero che Siciolante viene in diretto contatto con la pittura emiliana durante il suo soggiorno a Piacenza, nel 1545, non si può escludere che un primo incontro possa essere avvenuto anni prima, verso il 1540, a Roma. Nella chiesa di Santa Maria della Pace l’artista sermonetano, a quel tempo, avrebbe avuto modo di contemplare una delle più belle opere dipinte dal Parmigianino durante il suo soggiorno romano: la straordinaria Madonna con il Bambino e i Santi Giovanni Battista e Girolamo, detta anche la Visione di San Girolamo, oggi a Londra nella National Gallery.
L’opera fu per l’epoca assolutamente innovativa, sia per l’impaginazione, sia per il lessico; la stessa presenza del Parmigianino a Roma risultò determinante per la formazione di numerosi artisti, tra cui Perin del Vaga. La Visione raffigura, nel registro superiore, la Vergine seduta su un emiciclo di nuvole, con il Bambino ritto in piedi dinanzi a sé e un piede poggiato su una lastra di roccia. In quello inferiore, sulla destra, San Girolamo è addormentato in un prato e, al centro, quasi a sfiorare il piano-limite del quadro, la grande figura di San Giovanni Battista con un ampio gesto indica il Redentore. Al grande dipinto di Londra Siciolante non guarda soltanto nella ricerca di dialogo tra personaggi e ambiente. Le lunghe linee affusolate delle mani e del collo della Vergine, la particolare espressione del viso con lo sguardo rivolto verso il basso, i capelli con grandi boccoli del Bambino, unitamente al San Giovannino ai piedi della Vergine – che se si eccettua lo scarto anagrafico, nella parte superiore del corpo sembra essere la copia esatta del Battista emiliano – sono ulteriori riferimenti al Mazzola esposti nella grande pala per l’Abbazia di Valvisciolo. Nel territorio lepino opere di Girolamo Siciolante sono conservate, oltre che a Sermoneta, a Bassiano e a Cori.
Girolamo Siciolante
Bibliografia essenziale
G. Vasari, Le Vite de più eccellenti pittori, scultori e architettori, Firenze 1568
G. Baglioni, Le Vite dei Pittori, Scultori ed Architetti del pontificato di Gregorio XIII dal 1572 infino ai tempi di Papa Urbano VIII nel 1642, Roma, 1642
P. Pantanelli, Notizie istoriche appartenenti alla terra di Sermoneta, manoscritto del 1766, edito a Roma nel 1909
L. Lanzi, Storia pittorica della Italia, 1789
G. Caetani, Domus Caietana, Sancasciano Val di Pesa, 1927-1933
A. Venturi, Storia dell’Arte italiana, Milano 1932
F. Zeri, Intorno a Gerolamo Siciolante, in “Bollettino d’Arte” 1951
E. Angelini, “Hieronimus Sermoneta”, Latina 1982
F. D’Amico, La pittura a Roma nella seconda metà del Cinquecento: uno sguardo d’assieme, in D. Gavallotti Cavallero, F. D’Amico, C. Strinati, L’arte in Roma nel secolo XVI, II tomo, Bologna 1992.
J. Hunter, Girolamo Siciolante pittore da Sermoneta (1521-1575), Roma 1996
Domenico Guidi
Sindaco di BassianoEssere gelosi custodi della testimonianza artistica di uno dei maggiori protagonisti del Manierismo romano, ci riempie di orgoglio e di grande responsabilità. Il Cristo Benedicente – noto anche come Il Redentore – infatti, olio su tavola databile alla seconda metà dagli anni Sessanta del XVI secolo, conservato nella nostra Chiesa di San Nicola, è certamente tra le più belle creazioni dell’intera produzione del Siciolante. Per la fi nezza dell’esecuzione, per la perfetta impaginazione e il brillante cromatismo tipico della tarda Maniera romana. Orgoglio, per la ricchezza culturale, storica, naturalistica che contraddistingue il nostro borgo, e che fa della nostra realtà un unicum nel pur vasto patrimonio locale e nazionale. Responsabilità, nel preservare e tramandare alle generazioni future questo importante lascito. Attraverso le Tradizioni, la Storia e la Cultura, attraverso la cura e la valorizzazione della Biblioteca Civica e del Museo delle Scritture, attraverso la promozione di opere di divulgazione culturale come questa pubblicazione sul Siciolante, curata da Scozzarella Vincenzo, direttore del Museo delle Scritture. Dalle mani del Siciolante, che nelle botteghe Progetto scientifi co, testi Vincenzo Scozzarella Direttore Museo delle Scritture Aldo Manuzio Elaborato grafi co Giacomo Di Giorgio Referenze fotografi che Uffi cio diocesano Beni culturali ecclesiastici Museo delle Scritture Aldo Manuzio di Bassiano Via Sezze, 1 – 04010 Bassiano (LT) tel. 0773.355226 www.museoaldomanuzio.it informazioni@museoaldomanuzio.it © 2020 Museo delle Scritture Aldo Manuzio di Bassiano COMUNE DI BASSIANO 4 5 romane e laziali si applicava con operosità, ingegno e dedizione, nasceva questa meravigliosa tavola ad olio, Il Redentore, in cui i marcati accenti della Maniera toscana vengono stemperati da una rassicurante matrice classicista.E l’ingegno, l’operosità, la dedizione, la maestria sono valori che questo nostro borgo vuole preservare con cura. Anche sostenendo le nuove botteghe artigiane che stanno aprendo nelle cantine lungo le mura medievali che circondano il centro storico. Le “Mura del fare” rappresentano un progetto fattibile e perseguibile per realizzare quel Campus degli Industriosi che ha dato lustro all’artigianato locale alla fine del XVIII ed inizio XIX secolo a Bassiano. Con loro vogliamo dare nuovo impulso all’arte e alle tradizioni ma, soprattutto, riscoprire nuove forme di sviluppo dell’economia locale, sulla base di antichi ma sempre più attuali e necessari valori di riscoperta degli antichi mestieri. Gonfi di orgoglio, pieni di responsabilità e consapevoli delle difficoltà, sosterremo sempre la divulgazione delle conoscenze attraverso, le nostre scuole, e la diffusione della cultura quali necessari strumenti per la salvezza dell’umanità.
Quirino Briganti
Presidente della Compagnia dei LepiniGirolamo Siciolante, allievo di Leonardo da Pistoia, è uno dei principali protagonisti del manierismo romano. L’artista gode dell’appoggio dei Caetani, famiglia molto legata alla corte dei Farnese. Nel periodo in cui Siciolante lavora a Roma diventa papa Alessandro Farnese, con il nome di Paolo III, cugino di Camillo Caetani, signore di Sermoneta. L’ambiente romano lo consacra come un’artista di prestigio e molti sono i lavori che gli vengono commissionati dalle famiglie aristocratiche della città. Alcune delle sue opere si trovano nei Lepini a partire dalla città natale del pittore, Sermoneta. L’impianto urbanistico medievale della città è dominato dall’imponente Castello dei Caetani ed inconfondibile è la chiesa di Santa Maria Assunta, in stile cistercense con il campanile romanico, con all’interno l’Incoronazione della Vergine di Girolamo Siciolante. A Cori, invece, presso la chiesa di Santa Maria della Pietà, si conserva un Cristo benedicente attribuito anch’esso a Siciolante. Ma è a Bassiano, la città del famoso tipografo umanista Aldo Manunzio, che si trova il Redentore, una tavola dipinta ad olio della seconda metà del XVI secolo che ha forti analogie con l’Incoronazione della Vergine di Sermoneta. La presente pubblicazione curata da Vincenzo Scozzarella, nell’ambito del progetto Civiltà Lepine, analizza e studia con dovizia di particolari la tavola di Bassiano sviluppando degli approfondimenti che la ricollocano artisticamente nel posto che merita. L’opera di stampo classicista, custodita nella chiesa di San Nicola a Bassiano del XIII secolo ben inserita nel contesto medioevale della città, è di ottima fattura ed è stata recensita da diversi storici dell’arte nel corso dei secoli. Come afferma l’autore: “La finezza dell’esecuzione, la perfetta impaginazione e il brillante cromatismo tipico della tarda Maniera romana, fanno sì che la tavola di Bassiano possa essere annoverata tra le più belle creazioni dell’intera produzione del Siciolante”.