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Girolamo Siciolante: l’arte rinascimentale tra eleganza e profondità

Girolamo Siciolante nato a Sermoneta nel 1521, adolescente viene mandato a Roma dove, presso la bottega di Leonardo da Pistoia – già allievo di Raffaello – inizia il proprio apprendistato. Proprio il Sanzio, seppur talora filtrato dai “modi” della Maniera romana ed emiliana, sono chiari riferimenti per il giovane Siciolante che, non lasciandosi suggestionare dalle ‘bizzarrie’ manieriste, guarda al Classico come modello da imitare. Nel 1541, su incarico di Camillo Caetani, signore di Sermoneta, Siciolante realizza il suo primo importante dipinto, la Madonna col Bambino ed i santi Pietro, Stefano e Giovannino, per l’abbazia di Valvisciolo ed attualmente conservata presso il castello Caetani di Sermoneta. Nel 1543 l’Artista diventa socio dell’Accademia di San Luca e probabilmente in questo periodo incontra il suo futuro maestro Perin del Vaga. Tra il 1545 ed il 1546 è a Piacenza, alla corte di Pier Luigi Farnese, duca di Parma e Piacenza. Per Siciolante il soggiorno emiliano, oltre che occasione di lavoro presso una delle più importanti famiglie italiane del tempo, costituisce anche un’interessante opportunità per venire in contatto con una realtà artistica – quella del Correggio, del Garofalo e di Mazzola Bedoli – che, seppur velatamente, trasparirà in molte delle sue opere successive. La Sacra Famiglia con l’arcangelo Michele – attualmente conservata presso la Galleria Nazionale di Parma – è l’unica opera dipinta per i Farnese. Al suo ritorno a Roma l’artista sposa Lucrezia Stefanelli, dalla quale avrà cinque figli: Tullio (nato nel 1552), Virginia, Paolo, Antonio e Cesare. Nel 1550 Bonifacio Caetani commissiona a Siciolante una serie di affreschi – Madonna col Bambino; Scene dal Vecchio Testamento; San Girolamo; San Bonaventura – per la Cappella Caetani nella chiesa di San Giuseppe a Sermoneta. Negli anni che seguono l’Artista prevalentemente nell’Urbe pontificia, ricevendo numerose commissioni dalle più importanti famiglie romane. Tra le opere realizzate in quegli anni – che gli procurarono notevole fama e benessere – sono: Ritratto di Francesco II Colonna, presso la Galleria Nazionale d’arte Antica a Roma; Scene dalla storia antica (Scipione l’Africano) nel Palazzo Capodiferro Spada; Crocifissione, in San Giovanni in Laterano; Battesimo e consacrazione di re Clodoveo, in San Luigi dei Francesi; Vita della Vergine, in Santa Maria dell’Anima; Vita di Cristo, in Santa Maria della Pace; Assunzione della Vergine, in Santa Maria Maggiore. Tra il 1566 ed il 1569 Girolamo è a Cisterna per realizzare la decorazione del soffitto di Palazzo Caetani. A quel periodo si può ragionevolmente far risalire la splendida Incoronazione della Vergine, attualmente conservata presso il Museo Diocesano di Sermoneta. Girolamo Siciolante muore improvvisamente a Roma nel 1575.

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La tavola con il Cristo benedicente – talora denominato Il Redentore o Ss. Salvatore – è un dipinto ad olio (cm 59×46) di Girolamo Siciolante databile alla seconda metà dagli anni Sessanta del XVI secolo, a lungo conservato nella chiesa di S. Nicola a Bassiano. Viene menzionata per la prima volta e attribuita a Siciolante nel 1766 da Pietro Pantanelli, nel suo manoscritto Notizie istoriche appartenenti alla terra di Sermoneta.

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A quegli anni si fa solitamente risalire anche la grande Incoronazione della Vergine (oggi esposta nel Museo diocesano di Sermoneta), che presenta interessanti assonanze con l’opera di Bassiano, nel volto della maestosa figura di Cristo e negli intensi gialli e rosa del luminoso fondale. Storicamente l’immagine del Cristo benedicente deriva da quella più antica del Cristo docente, già diffusa in età paleocristiana. La mano destra di Gesù appare sollevata in atto consacrante e in quella sinistra può comparire il globo crucigero, simbolo della supremazia di Cristo sul potere terreno, o il libro del Vangelo, emblema della Rivelazione di Dio. Nell’ampia produzione pittorica di Siciolante questo tipo rappresentazione è relativamente rara. Tra le opere autografe è il già citato dipinto di Palestrina (cm 154×83), databile al 1565 ed esposto nella cattedrale di Sant’Agapito martire. Qui Cristo è ritratto a figura intera, assiso su alcune nuvole, con il libro poggiato sulle gambe. Nella tavola di Bassiano Gesù solleva leggermente la propria mano destra nell’atto della tradizionale benedizione “latina”; nel libro aperto è ben visibile la scritta “EGO SU[M]/ VIA VE/RITAS/ ET VI/TA”, mutuata dal Vangelo di Giovanni (14.6). In secondo piano sulla destra, si intravede quasi in trasparenza, un pentimento: la sagoma di un piccolo angelo, non completata dall’intervento pittorico. La finezza dell’esecuzione, la perfetta impaginazione e il brillante cromatismo tipico della tarda Maniera romana, fanno sì che la tavola di Bassiano possa essere annoverata tra le più belle creazioni dell’intera produzione del Siciolante.

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Nei Lepini, a Cori, presso la chiesa di Santa Maria della Pietà, si conserva un’altra tela un Cristo benedicente dipinto ad olio su tavola (cm 122×92), attribuito a Siciolante da Giuseppe Marocco

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Primo dipinto documentato di Girolamo Siciolante, la Madonna col bambino ed i santi Pietro, Stefano e Giovannino – noto anche come Pala di Valvisciolo o Pala Caetani – è un olio su tavola di grandi dimensioni (cm 275 x190) che ha decorato l’altare maggiore nella chiesa dell’abbazia di Valvisciolo sino alla seconda metà dell’Ottocento, quando i Caetani ne decisero il trasporto a Roma. Dal 1970 l’opera è stata riportata a Sermoneta presso il Castello Caetani, dov’è tuttora visibile nella cosiddetta Sala del Cardinale. La Pala, non firmata, è datata 1541 (MDXXXXI) nel registro inferiore, sulla pietra posta in prossimità dei piedi della Vergine. Fu realizzata, secondo Giorgio Vasari quando l’artista era ventenne.

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La Madonna col Bambino e Santi, pur essendo un dipinto giovanile del Siciolante, ci mostra già un artista padrone del disegno e del colore. Proprio il cromatismo nei primi anni di attività di Girolamo si distingue per i vivaci changeants, gli intensi contrasti e volgerà, nella maturità, verso una gamma più chiara, più calda, fatta di più naturali trapassi da un colore all’altro. Nella solenne impaginazione la pala riprende il classico schema delle Sacre Conversazioni, con la Vergine ed il Bambino al centro dell’opera e i santi collocati simmetricamente sui due lati. In un disegno preparatorio (penna, acquerello bruno e carboncino su carta imbrunita mm 376×273) conservato presso il Gabinetto dei disegni del Louvre, balzano agli occhi alcune significative dissonanze con il dipinto: la più evidente riguarda la figura della Vergine col Bambino, alle cui spalle, al posto del tradizionale catino absidale, compare un grande albero, simbolo della croce e di resurrezione in quanto rinnovamento attraverso la morte di Cristo sulla croce. La sostituzione del moderno albero con la più ortodossa abside – rappresentazione dell’istituzione della Chiesa – potrebbe essere stata suggerita a Siciolante dal gusto conservatore del committente o dalla visione degli affreschi attribuiti a Desiderio da Subiaco che decorano le Camere Pinte del Castello Caetani; in particolare dalla rappresentazione della Fede, che denuncia più di una interessante analogia con la Madonna di Siciolante. Ad una prima analisi, nel dipinto sermonetano risaltano le suggestioni di matrice raffaellesca, coniugate con rimandi ancora quattrocenteschi, in parte in riferibili all’alunnato di Girolamo presso Leonardo da Pistoia. Queste ben si colgono oltre che nell’arcaica struttura del dipinto, nella evidente stilizzazione dei lineamenti di Santo Stefano e di San Pietro. Più vicine ad un gusto tipicamente manierista, sono il dialogo con la natura, l’inserto di brani paesistici – più rilevanti nel disegno del Louvre e ridimensionati dall’Artista nella versione dipinta – e, infine, l’atmosfera soffusa, sospesa, tanto cara all’arte emiliana coeva.

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Testi di Vincenzo Scozzarella
Articolo di Sinopoli Francesco e Campagna Laura

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