Inchiostro e Memoria: Il Museo delle Scritture di Bassiano, un Viaggio Straordinario nella Storia delle Parole
Aldo Manuzio, vissuto nel XV-XVI secolo, nato a Bassiano tra 1449 e 1452, fu un rinomato stampatore, editore e umanista che operò a Venezia, dove morì nel 1515.
La sua innovativa tipografia e l’impegno nella diffusione di testi classici contribuirono significativamente alla rivoluzione editoriale del Rinascimento.
Bassiano ha dato i natali ad Aldo Manuzio e in nome dell’illustre umanista ed editore, si è originata nella comunità, una tradizione ormai decennale di attenzione alla produzione culturale. È così nata una prima raccolta di macchinari di stampa e un Museo delle Opere Aldine per onorare la dinastia di tipografi, che ebbero un ruolo importante nel Rinascimento italiano. Recentemente, anche con l’intenzione di valorizzare una sala dove sono conservati pregevoli graffiti di fine Settecento, è stato realizzato – in rapporto con l’Università di Roma “La Sapienza” – il progetto di un Museo delle Scritture. Una suggestiva scenografia accoglie lo speciale ritorno dal passato di Aldo Manuzio: il museo “ne mostra la voce”, vediamo l’editore rispondere alle domande di un giornalista d’oggi che interroga, dall’oltre tomba, il grande umanista sull’influenza e sul futuro della stampa nella cultura e nella società. Il genere parodistico delle interviste impossibili si presta assai bene per ironizzare sul presente usufruendo dello sguardo estraniato di un protagonista del passato. Una buona occasione questa, per riflettere in punta di penna sull’eredità umanistica, gli effetti dell’era Guttenberg e sugli orizzonti che stanno aprendo i nuovi mezzi di comunicazione.
Un museo antropologico che intende mostrare, grazie a ricerche specifiche e originali (condotte da Antonio Perri e Nadia Truglia), usufruendo di reperti e scenografie, i modi in cui si scrive nella nostra e in altre culture, gli stili di vita, le forme del pensare, i contesti di vita che hanno rapporto con la litteracy, con le sue logiche e le sue incessanti innovazioni. Sul piano dell’allestimento e della didattica, il Museo delle Scritture presenta scenografie suggestive e la presenza di dispositivi interattivi, efficaci a promuovere un apprendimento attraverso la partecipazione diretta: un conoscere facendo esperienza.
Con la sala che porta il titolo “Della fatica e del piacere del leggere e dello scrivere”, si fa ritorno al tema della ‘microstoria’ e della dimensione locale oltre che a valorizzare la scrittura per la dimensione dei contenuti dei testi (laddove sinora si erano privilegiate le forme dell’espressione e della comunicazione). Al visitatore si apre la scenografia di un’aula scolastica con un’enorme Scala d’Oro con libri distribuiti sui gradini (Scala d’Oro è una collana di libri di ragazzi che nei primi decenni del secolo passato punta sull’illustrazione dei libri per incentivare ad una lettura sempre più specifica per ogni età). La sala è dedicata al divenire literate (ovvero l’acquisizione dei testi come strumenti culturali che mediano i rapporti intersoggettivi, la relazione con il mondo esterno, l’esperienza intrasoggettiva) che per il bambino costituisce un processo simbolico complesso in cui vi sono trasformazioni anche psicofisiche. Il grande salone, asse gravitazionale del museo e omaggio al multiculturalismo, è dedicato all’incontro con le scritture non europee e soprattutto all’impossibile ma sempre tentabile traducibilità delle scritture tra di loro. Presenta, inoltre, l’aspetto di un bazar con tanti e diversi fuochi di attrazione: drappi di scritte non alfabetiche e postazioni informatiche vengono a formare distinti ambienti devoluti ad illustrare alcuni significativi esempi di tradizioni e stili di scrittura. In evidenza sono collocate le scritture pittografiche e sillabiche (storia, caratteri e funzioni differenziali rispetto al parlato). L’impostazione attenta alla dimensione didattica, la multiforme diversità dei sistemi grafici non-occidentali, sottolineano il fascino particolare di tradizioni spesso millenarie (ancora in vita o scomparse) o di fenomeni di invenzione anche recente (morse, braille, LIS, crittografie e codici segreti) dando modo al visitatore di comprendere meglio tecniche e principi costitutivi di sistemi di comunicazione antropologicamente lontani.
Graffiti. Ovvero dei vantaggi secondari dell’esclusione. Siamo nella sala che per la preesistenza di strati di tracce del passato è la più rilevante del palazzo e la più significativa dal punto di vista del tema del museo. Un vero e proprio documento in sé che ha richiesto opere di restauro e di puntuale valorizzazione. Le pareti di buona parte della sala presentano graffiti e disegni a carboncino di particolare valore grafico e storico culturale, vi si scorgono testi di denunce, riproduzioni di paesaggi, simboli di affidamento religioso, narrazioni per immagini, volti, esercizi della noia e tanto altro di non sempre immediata individuazione e di ancor più complessa comprensione. E’ legittimo supporre che queste scritture, per buona parte risalenti alla fine del Settecento e ai primi decenni dell’Ottocento, siano state prodotte da persone ivi recluse, ed è lecito presupporre che una parte significativa dei graffiti e disegni possa evocare storie e mentalità di quel periodo, ovvero farci entrare almeno un poco nella mente di persone detenute che ricorsero alla scrittura muraria come forma di testimonianza e di resistenza, come conquista di uno spazio immaginario di libertà e di poesia, estremo grido di protesta. L’atmosfera ricreata dall’allestimento va nella direzione del memorial, del sacrario, così che il visitatore oltre a ricevere informazioni si accosti ai graffiti con lo stato d’animo di chi vi sa cogliere ribellione, sofferenza, dolore, e ne possa ricavare una riflessione di più ampio respiro: la reclusione, la separazione spesso inducono un bisogno di esteriorizzare il sé e dunque di scrivere. Così un vantaggio secondario dell’isolamento può essere l’accesso all’immaginario. Un occasione didattica per riflettere sulle teorie dell’ispirazione e della concentrazione.
Seguono altre sale che mostrano l’uso della scrittura per indicare identità e possesso (marchi, cifre, exlibris), come per trasporre in forma diaristica ricordi di esperienze ad altre tracce biografiche. E’ il sé dialogico e riflessivo che trova nella pratica della scrittura un vero e proprio modello di costruzione. Nella Sala della Memoria sono in mostra diari e riprodotti in video resoconti di vita di gente dei Lepini, partecipi di differenti generazioni. Film e video proiezioni a ciclo continuo nel grande Auditorio, mostre temporanee di artisti lungo le torri di fortificazione di Bassiano, un laboratorio didattico anche esso dedicato alla scrittura (calligrafia, narrazione, grafica, fumetti), concorrono a rendere l’incontro con il Museo “Aldo Manuzio” un’esperienza suggestiva e formativa per un pubblico variegato.
di Sinopoli Francesco e Campagna Laura
Testi di Vincenzo Padiglione
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