Catalogo dei Musei dei Lepini
Luoghi e itinerari tematici

ITINERARIO 3

Testi di Francesco Maria Cifarelli

Massimiliano Valenti

I Percorsi e le Infrastrutture

Al di fuori della rete autostradale, spostarsi per il Lazio alla volta dei borghi storici della regione porta quasi sempre a percorrere tracciati assai prossimi a quelli antichi. Così è per chi, provenendo da Roma come da Napoli, vorrà raggiungere i Monti Lepini, percorrendo prima l’Appia o la Casilina, discendenti delle antiche strade “consolari”, e poi le ripide traverse che da queste salgono verso i centri abitati. In età romana, infatti, la viabilità principale di questo settore del Lazio era incentrata su due grandi assi che collegavano Roma con il Sud dell’Italia: le Vie Latina e Labicana (sulla direttrice dell’odierna Casilina e della Roma-Napoli), che correvano nella valle del Sacco di fronte al versante NE dei Monti Lepini, e la Via Appia, che ne lambiva invece il versante rivolto verso la Piana Pontina e il mare. Da questi importantissimi assi viari si distaccavano i percorsi di collegamento con i centri antichi dei Lepini (Piano della Civita di Artena e Signa all’interno; Cora, Norba e Setia verso il mare): questi, arroccati sulle alture, potevano essere raggiunti grazie a un articolato sistema viario trasversale, spesso dotato di complesse infrastrutture che consentivano alle strade di salire alle città vincendo la movimentata conformazione orografica del contesto nel quale furono realizzate.

Solo la città romana di Privernum venne edificata in un’area di pianura, all’interno della valle percorsa dall’Amaseno. Quest’ampia cesura naturale, posta a dividere le catene dei Lepini e degli Ausoni, costituiva un fondamentale raccordo fra la Piana Pontina e la Valle del Sacco. Per questo, la valle dell’Amaseno era percorsa da un importante asse stradale, capace di favorire gli spostamenti fra la costa tirrenica e la regione appenninica e di mettere in comunicazione le grandi arterie dei due versanti dei Lepini. La Privernum romana venne costruita a cavallo di questa strada, che all’interno della città divenne il fulcro della sua organizzazione urbanistica; ampi resti del suo basolato sono oggi visitabili nell’Area archeologica della città antica, in località Mezzagosto.

Privernum
Privernum

L’anonimo abitato antico individuato sul Piano della Civita di Artena, posto al vertice N della catena dei Lepini, in posizione di controllo del punto di confluenza tra l’alta Valle del Sacco e la Valle di Lariano, era in collegamento sia con la sottostante pianura, dove correva la Via Latina, che con l’entroterra montuoso (sul quale si dislocavano insediamenti minori e attraverso il quale si potevano raggiungere gli abitati posti sul versante opposto della catena montuosa). Sul versante SE del promontorio roccioso del Piano, si possono ancora scorgere i resti, talora ben conservati, di un percorso stradale che, provenendo dall’abitato, si dirigeva verso Segni e verso la pianura. Tratti di questo tracciato sono visibili e raggiungibili percorrendo la moderna strada che sale al pianoro da questo versante. La strada antica, che sale in pendenza continua senza grandi strappi lungo il fianco della collina con andamento a linea spezzata, affronta i punti più accidentati con stretti tornati: la carreggiata, originariamente ampia intorno ai 4 metri e della quale si conservano brevi tratti dell’originaria pavimentazione a lastre di calcare, è sostenuta a valle da muri a secco in opera poligonale a doppia cortina, conservati fino a 3 metri di altezza.

Segni vista dall'Alto
Segni vista dall'Alto

Un articolato sistema di strade percorreva il ripido fianco settentrionale del monte su cui sorge la città di Segni, mettendola in comunicazione con la valle del Sacco. Di queste, abbandonate con lo spostamento della viabilità moderna verso il fianco sud della città, restano solo anonimi viottoli, che, distaccandosi dalle principali porte delle mura, conducono ancora oggi alla valle: lontani dall’area abitata e immersi nella vegetazione tipica dei Lepini, essi possono essere meta di facili e piacevoli escursioni. Presso la porta Saracena resta l’unico tratto conservato delle infrastrutture che dovevano sorreggere le sedi viarie di queste strade. Si tratta di un potente muraglione di contenimento in opera poligonale che ancora oggi accompagna per circa 500 metri, sia pure a tratti, la strada che entrava in città attraverso la porta: le strutture, realizzate con un’opera poligonale assai meno accurata di quella delle mura, sono visitabili partendo proprio da Porta Saracena, ben raggiungibile grazie al percorso pedonale realizzato attorno alle fortificazioni antiche della città.

Passando al versante rivolto verso la costa tirrenica, la città di Cora era servita da un’articolata rete stradale, che la collegava alla via Pedemontana Lepina, antichissimo asse che correva lungo la costa montana dei Lepini almeno dalla Civita di Artena fino a Privernum, e poi ai principali tracciati interregionali della Piana Pontina. Al di fuori della Porta Ninfina, sul tratto suburbano della via Pedemontana Lepina, in direzione di Norba, si trova uno dei monumenti di maggior interesse della città, il Ponte della Catena. Il ponte supera il profondo Fosso del Formale (o della Catena) con una sola arcata, di m. 5.20 luce massima, e presenta le due spalle realizzate in una accurata opera poligonale di IV maniera. L’arco, a tutto sesto, è invece realizzato in blocchi di tufo, con conci a superficie bugnata, posti di taglio in almeno tre filari sovrapposti a raggiera. Il ponte, che veniva tradizionalmente assegnato al I secolo a.C., è ora ricondotto ad età medio-repubblicana. Le differenze nella tecnica edilizia e dei materiali utilizzati nelle due parti della struttura ne hanno anche suggerito la realizzazione in due momenti differenti: le spalle del ponte, del IV – III secolo a.C., potrebbero aver originariamente sostenuto un passaggio di legno, sostituito in un momento successivo (II – I secolo a.C.) dall’arco in blocchi di tufo.

L’antica Norba, posta a circa 450 metri, era raccordata alla sottostante pianura da un percorso stradale, oggi in più punti intersecato dalla strada moderna che conduce a Norma. La via, verosimilmente realizzata agli inizi del III sec. a.C. e restaurata fino al II/I sec. a.C., usciva dalla cosiddetta Porta Ninfina, vi confluiva quella proveniente da “Porta Maggiore” e scendeva a valle con lunghi tratti a linea spezzata che, con una lieve pendenza, tagliano obliquamente le curve di livello, raccordati da stretti tornanti; da questo percorso di staccava inoltre una diramazione per Cora. Il tracciato stradale era realizzato tagliando verticalmente il pendio roccioso a monte, e, quando era possibile, sfruttava il banco roccioso affiorante, livellato orizzontalmente; quando la natura del terreno non lo consentiva, la carreggiata poggiava su un terrapieno; in entrambi i casi il lato verso valle era fasciato (nel primo caso) o sostenuto (nel secondo) da un muro di terrazzamento in opera poligonale a doppia cortina, talvolta conservato per un’altezza che raggiunge i 5 metri.

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Infine Sezze: nell’immediato suburbio SO della città si conservano resti di muri di terrazzamento in opera poligonale relativi al percorso stradale che dal centro abitato scendeva, con percorso a tornanti, verso la sottostante pianura. I cosiddetti Archi di S. Lidano, posti invece nella piana, lungo la omonima via, sono quel che resta di un ponte, originariamente a tre fornici in blocchi di calcare, realizzato in età repubblicana (fine II sec. a.C.?) per scavalcare un torrente (oggi deviato); essi appartengono a questo percorso di raccordo che andava a raggiungere la non lontana via Appia, all’altezza del XLI miglio. Del ponte, musealizzato nel 1982, si conserva attualmente l’arcata centrale e quella minore a NO, mentre è scomparsa quella minore opposta. I fornici sono realizzati con conci di calcare originariamente uniti tra loro con grappe metalliche.

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