Bassiano ha dato i natali ad Aldo Manuzio e in nome dell’illustre umanista ed editore si è originata nella comunità, ed è avvertibile in ampi strati della popolazione, una tradizione ormai decennale di attenzione alla produzione culturale. È così nata una prima raccolta di macchinari di stampa e un Museo delle Opere Aldine per onorare la dinastia di tipografi, che un ruolo importante ebbero nel Rinascimento italiano. Più di recente, anche con l’intenzione di valorizzare una sala dove sono conservati pregevoli graffiti della fine del Settecento, è stato realizzato – in rapporto con l’Università di Roma “La Sapienza – il progetto di un Museo delle Scritture.
Un museo antropologico che intende mostrare e problematizzare grazie a ricerche specifiche e originali (condotte da Antonio Perri e Nadia Truglia) e usufruendo di reperti e scenografie i modi in cui si scrive nella nostra e in altre culture, gli stili di vita, le forme del pensare, i contesti di vita che hanno rapporto con la litteracy, con le sue logiche e le sue incessanti innovazioni.
Sul piano dell’allestimento come di quello della didattica il Museo delle Scritture presenta scenografie suggestive e attiva dispositivi interattivi, efficaci a promuovere un apprendimento attraverso la partecipazione diretta, un conoscere facendo esperienza.
Ed è proprio, la convergenza tra questi due stili museografici, quello teatrale o d’atmosfera e quello hands-on o interattivo, che viene sperimentato.
Si tratta, in sostanza, di un netto superamento della pedagogia dimostrativa fondata sul culto degli oggetti, a favore di un linguaggio espositivo prevalentemente “concettuale”, che come grande parte dell’arte contemporanea nelle sue installazioni affianca alla estrema cura formale una spiccata tendenza autoriflessiva.
L’esordio del percorso museale, che da un punto di vista architettonico si segnala per il marcato rinvio alla storia (fu a lungo porta di ingresso al paese), evoca il passato della scrittura.
La sala si anima dell’invenzione parallela della scrittura (comunicare attraverso segni grafici è un universale, ma per darsi scrittura è necessario che questi segni convenzionali si combinino per formare un codice grafico) che si produsse per ragioni differenti in contesti diversi (Medio Oriente, Oriente, America), qui assunti ad un tempo come referenti storici ma anche come casi emblematici. Adiacente è la sala dove si mostra l’evoluzione dei diversi strumenti e supporti impiegati (tavolette di argilla e stili, pergamene e papiri sino al torchietto per la stampa, ecc.) per la scrittura alfabetica sino alle recenti invenzioni informatiche che smaterializzano l’atto dello scrivere ricollegandolo a quello del parlare. Una storia di tecnologie dello scrivere ma anche di habitus – abitudini del corpo. Come a voler ancorare ad una storia dei gesti, delle posture, delle abilità, le stesse vicissitudini dello scrivere.
Una suggestiva scenografia accoglie lo speciale ritorno dal passato di Aldo Manuzio: il museo “ne mostra la voce” rispondere alle domande di un giornalista d’oggi che interroga dall’oltre tomba il grande umanista editore sull’influenza e sul futuro della stampa nella cultura e nella società. Il genere parodistico delle interviste impossibili si presta assai bene per ironizzare sul presente usufruendo dello sguardo estraniato di un protagonista del passato. Una buona occasione per riflettere in punta di penna sull’eredità umanistica, sugli effetti dell’era Guttenberg e sugli orizzonti che stanno aprendo i nuovi mezzi di comunicazione.
Con la sala che porta il titolo Della fatica e del piacere del leggere e dello scrivere, si fa ritorno al tema della ‘microstoria’ e della dimensione locale, oltre a valorizzare la scrittura maggiormente per la dimensione dei contenuti dei testi (laddove sinora si erano privilegiate le forme dell’espressione e della comunicazione). Al visitatore si apre la scenografia di un’aula scolastica con un’enorme Scala d’oro con libri distribuiti sui gradini (Scala d’oro è una collana di libri di ragazzi che nei primi decenni del secolo passato punta sull’illustrazione dei libri per incentivare ad una lettura sempre più specifica per ogni età). La sala è dedicata al divenire literate (ovvero l’acquisizione dei testi come strumenti culturali che mediano i rapporti intersoggettivi, la relazione con il mondo esterno, l’esperienza intrasoggettiva) che per il bambino costituisce un processo simbolico complesso in cui vi sono trasformazioni anche psicofisiche. E dove operano strategie di disciplinamento, di allettamento e di resistenza.
Il grande salone, asse gravitazionale del museo e omaggio al multiculturalismo, è dedicato all’incontro con le scritture non europee e soprattutto all’impossibile ma sempre tentabile traduciblità delle scritture tra di loro. Presenta l’aspetto di un bazar con tanti, diversi, fuochi di attrazione: drappi di scritte non alfabetiche e postazioni informatiche vengono a formare distinti ambienti devoluti ad illustrare alcuni significativi esempi di tradizioni e stili di scrittura (cinese, coreana, di Pasqua,…). In evidenza sono collocate le scritture pittografiche e sillabiche (storia, caratteri e funzioni differenziali rispetto al parlato).
L’impostazione attenta alla dimensione didattica, la multiforme diversità dei sistemi grafici non-occidentali, sottolineano il fascino particolare di tradizioni spesso millenarie (ancora in vita o scomparse) o di fenomeni di invenzione anche recente (morse, braille, LIS, crittografie e codici segreti) dando modo al visitatore di comprendere meglio tecniche e principi costitutivi di sistemi di comunicazione antropologicamente lontani.
Graffiti. Ovvero dei vantaggi secondari dell’esclusione. Siamo nella sala che per la preesistenza di strati di tracce del passato è la più rilevante del palazzo e la più significativa dal punto di vista del tema del museo. Un vero e proprio documento in sé che ha richiesto opere di restauro e di puntuale valorizzazione. Le pareti di buona parte della sala presentano graffiti e disegni a carboncino di particolare valore grafico e storico culturale. Vi si scorgono testi di denunce, riproduzioni di paesaggi, simboli di affidamento religioso, narrazioni per immagini, volti, esercizi della noia e tanto altro di non sempre immediata individuazione e di ancor più complessa comprensione.
E’ legittimo supporre che queste scritture, per buona parte risalenti alla fine del Settecento e ai primi decenni dell’Ottocento, siano state prodotte da persone ivi recluse. E’ lecito presupporre che una parte significativa dei graffiti e disegni possa evocare storie e mentalità di quel periodo, ovvero farci entrare almeno un poco nella mente di persone detenute che ricorsero alla scrittura muraria come forma di testimonianza e di resistenza, come conquista di uno spazio immaginario di libertà e di poesia, estremo grido di protesta.
L’atmosfera ricreata dall’allestimento va nella direzione del memorial, del sacrario, così che il visitatore oltre a ricevere informazioni si accosti ai graffiti con lo stato d’animo di chi vi sa cogliere ribellione, sofferenza, dolore. E ne possa ricavere una riflessione di più ampio respiro: la reclusione, la separazione spesso inducono un bisogno di esteriorizzare il sé e dunque di scrivere. Così un vantaggio secondario dell’isolamento può essere l’accesso all’immaginario. Occasione didattica per riflettere sulle teorie dell’ispirazione e della concentrazione.
Seguono altre sale che mostrano l’uso della scrittura per indicare identità e possesso (marchi, cifre, exlibris), come per trasporre in forma diaristica ricordi di esperienze ad altre tracce biografiche. E’ il sé dialogico e riflessivo che trova nella pratica della scrittura un vero e proprio modello di costruzione.
Nella Sala della Memoria sono in mostra diari e riprodotti in video resoconti di vita di gente dei Lepini parteci di differenti generazioni.
Film e video proiezioni a ciclo continuo nel grande Auditorio, mostre temporanee di artisti lungo le torri di fortificazione di Bassiano, un laboratorio didattico anche esso dedicato alla scrittura (calligrafia, narrazione, grafica, fumetti), concorrono a rendere l’incontro con il Museo “Aldo Manuzio” un’esperienza suggestiva e formativa per un pubblico variegato.
Testi di Vincenzo Padiglione
Sede: Via Sezze, 1 – 04010 Bassiano (LT)
Telefono: 0773.355226 340.9844121
E-mail:postmaster@museodellescritturemanuzio.eu; museodellescritture@comune.bassiano.lt.it
Sito Web: www.museoaldomanuzio.it
Pagina Facebook: Museo delle Scritture Aldo Manuzio di Bassiano
Servizi: visite didattiche, laboratori tematici
Direttore Scientifico: Vincenzo Scozzarella