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Santo Stefano: Un Giorno di Riflessione nelle Chiese di Segni e di Artena

Il 26 dicembre, la cristianità celebra il giorno di Santo Stefano, un martire il cui ricordo risuona attraverso i secoli. La vita di Santo Stefano, il primo martire cristiano secondo gli Atti degli Apostoli, è avvolta da un’aura di coraggio e dedizione alla fede. Mentre la festa di Santo Stefano è spesso associata al Natale, essa offre anche un’opportunità per esplorare le radici storiche del santo, specie in luoghi impregnati di devozione, come la Chiesa di Santo Stefano a Segni.

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Santo Stefano, noto anche come il Protomartire, fu uno dei sette diaconi scelti dagli apostoli per il servizio caritatevole nella comunità cristiana primitiva. La sua testimonianza ardente alla fede gli costò la vita quando fu lapidato nel 34 d.C., sotto la supervisione di Saulo di Tarso, prima della sua conversione e diventare l’apostolo Paolo. La sua storia, intrecciata con il coraggio e la resistenza di fronte all’avversità, continua a ispirare generazioni di credenti.

Chiesa di Santo Stefano di Segni

La Chiesa di Santo Stefano viene considerato il primo sito di culto cristiano nella storia della città di Segni. Sorge nella contrada ancora oggi detta “La Giudea”, che documenta l’importante presenza ebraica nella città lepina. La Chiesa occupa l’area dell’antica sinagoga, trasformata successivamente in un tempio cristiano in età paleocristiana e subito dedicata al protomartire Santo Stefano. L’edificio fu riedificato intorno al XIII secolo, come dimostra il campanile romanico che si eleva per quattro piani. Il campanile venne più volte ristrutturato sopratutto dopo l’incendio subito nel 1557. La facciata della chiesa è tardorinascimentale, sulla quale è ancora possibile leggere l’originaria struttura medievale, con tre portali, un timpano sorretto da quattro paraste e fronte a capanna.

L’interno della chiesa è costituito da una navata centrale e da una piccola navata laterale sinistra. L’altare è decorato da una grande tela con il Martirio di Santo Stefano, databile al XVII secolo. Il Santo con la dalmatica rossa viene raffigurato inginocchiato tra i due aguzzini in piedi che vengono rappresentati nell’atto di sollevare le grandi pietre con cui uccideranno il giovane martire. La lapidazione era la tipica esecuzione di chi era considerato eretico dalla legge giudaica.

Chiesa di Santo Stefano di Artena

Citata per la prima volta nella Bolla Pontificia del 1182, ha una pianta irregolare divisa in due navate da una serie di pilastri a sezione quadrangolare realizzati in blocchi di peperino. La navata di destra è coperta a volta a crociera, frutto probabilmente di un successivo ampliamento, collocabile verso la metà del XIV secolo. La chiesa medievale fu restaurata per volontà di Camilla Orsini, moglie di Marcantonio Borghese, dal 1619 al 1658, data di morte del marito (ne è una prova lo stemma collocato sulla facciata della chiesa). La chiesa, infatti, era stata pesantemente danneggiata da un incendio nel 1557, tanto da spingere il clero di Montefortino a supplicare nel 1652 il principe Marcantonio Borghese di restaurarla. La facciata deve probabilmente risalire a questo restauro, che inglobò il campanile romanico, in origine isolato, come si vede da un disegno (Archivio Segreto Vaticano, Arch. Borgh. b. 581). Nel 1931, in occasione della prima visita pastorale del vescovo De Sanctis, sappiamo che il campanile conservava ancora il suo aspetto originario. Oggi rimangono soltanto due bifore sul lato del campanile rivolto verso la piazza, delle quali una presenta una colonnina tortile intarsiata di mosaico. La parte superiore è, invece, frutto di un restauro per eliminare le infiltrazioni d’acqua in seguito ai danni subiti dal bombardamento del 1944.  Nel 1668 si rese necessario anche un altro intervento per eliminare le infiltrazioni d’acqua dal tetto, che soltanto nel 1800 fu coperto a botte. Ritenuta la chiesa “comitale”, data la sua vicinanza con la corte Borghese, accrebbe la sua importanza anche quando a metà del ‘600 si introdusse il fonte battesimale.

di Sinopoli Francesco e Campagna Laura 

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