La chiesa di Santa Maria Assunta di Maenza, già collegiata, sorge in Piazza del Duomo, accanto al fianco sinistro del Castello Baronale. Nel 1846 viene riedificata sulle rovine di una costruzione ormai fatiscente e, cinquant’anni dopo, su interessamento di Leone XIII, notevolmente rimaneggiata dall’architetto Guglielmo Cipolla.
Presenta una facciata neoclassica (ill.1), caratterizzata da un ampio pronao formato da quattro colonne con capitelli ionici, un frontone dentellato con al centro lo stemma dei Pecci e sui lati due alti campanili visibili anche a distanza. L’interno è articolato in tre navate, con quella centrale più alta. La zona presbiterale absidata, preceduta da un arco trionfale, presenta una grande grande cupola sostenuta da colonne con capitelli ionici. Sulla parete si impone la tela dell’Assunzione di Maria dipinta da Vincenzo Pasqualoni nel 1874 (ill. 2).
Nella chiesa sono anche un fonte battesimale e un tabernacolo dell’Olio Santo (ill. 5), realizzato in pietra e databile al del XVI secolo. Vi sono rappresentati quattro angeli, due dei quali sollevano la cortina del baldacchino ove è conservato il calice.
Collocata nella omonima piazza al cui centro è una fontana in pietra, la chiesa di S. Reparata (ill. 7) è una costruzione le cui origini si fanno risalire al XV secolo. Nei secoli ha subito numerosi rimaneggiamenti e oggi presenta una semplice facciata intonacata, con unico portale, scandita da quattro lesene, sormontata da un timpano triangolare al di sotto del quale è una finestra rettangolare. Sulla sinistra vi è l’antico convento francescano, attualmente sede della biblioteca comunale.
Altri dipinti di pregio decorano le navate laterali. Tra questi, nella navatella sinistra, oltre alla tela con San Tommaso d’Aquino, di Paolo Tadolini (1899), è l’affresco staccato con la Madonna delle cerase del XV secolo (ill. 3), rinvenuto nella chiesa di S. Giacomo nel 1975. L’opera, di autore ignoto, riprende i canonici modelli della Vergine in trono col Bambino: Maria indossa un ampio manto rosso e poggia i piedi su di un cuscino, il Figlio è seduto sulle sue gambe e prende dalle mani della Madre alcune rosse ciliegie, tipiche prelibatezze del territorio maentino che, in questo particolare contesto, surgono a simbolo del sangue di Cristo versato sulla croce e ne prefigurano la Passione. Nella navata destra si conservano due tele di notevoli dimensioni di Giovanni Cingolani, dipinte dall’artista maceratese su commissione di papa Pio X all’inizio del Novecento: San Rocco (ill. 4) è una tela di grandi dimensioni dove la figura giganteggia nello scenario paesistico, che sulla sinistra mostra un ampio scorcio con la città di Maenza; San Leone Magno (1905) è opera di ispirazione neo rinascimentale nella scelta della statuaria figura isolata, in posa solenne e monumentale.
Da tempo non più adibita al culto, S. Giacomo (ill. 6) è stato sin dal XIII secolo il primo luogo di culto di Maenza. Oggi è in corso un restauro che la restituirà ad un uso pubblico civile come teatro.
Edificato come torre di avvistamento nel secolo XII, il Castello Baronale di Maenza con Bernardo I dei Conti de Ceccano (1204-1254) diviene luogo di residenza dei signori del feudo (ill. 8). Tra XIII e XVI secolo, per volontà delle famiglie che si susseguirono al governo di Maenza – tra le quali Annibaldi, Caetani, Borgia, Aldobrandini – venne ampliato attraverso la costruzione di un palazzo di quattro piani con cantina, servitù, piano nobile e terrazzo. Al corpo centrale, a pianta quadrangolare, sono aggiunte due torri di rinforzo e le mura vengono allargate per resistere alle armi da fuoco segnate da una scarpa finale.
Al terzo piano del castello si trova il piano nobile, dove alcune sale sono decorate da grottesche e motivi floreali. Qui nel 1274 soggiornò san Tommaso d’Aquino mentre si stava recando a Lione per il Concilio Ecumenico indetto da papa Gregorio X.
Nel 1986 il castello è stato restaurato e oggi è utilizzato per iniziative culturali.
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