A partire dal III secolo d.C. più fabbricati vengono costruiti sullo stesso sito. E’ con la costruzione del XIII secolo che la cattedrale assume la struttura gotico-cistercense che più la caratterizza. La chiesa venne consacrata il 18 agosto 1364. Il vescovo Luca Cardino (1582-1594) promuove la ristrutturazione e l’ampliamento della cattedrale con il rovesciamento dell’orientamento dell’edificio; quest’ultimo comporta l’apertura delle absidi esistenti con l’inserimento di tre nuovi portali d’ingresso (ill. 1). L’ampliamento dell’edificio consiste nell’aggiunta di un transetto concluso da tre nuove absidi rettangolari. Nel 1926 nuovi lavori hanno liberato la struttura dalle manomissioni settecentesche. Nel 2007 vengono realizzati ulteriori interventi che interessano la pavimentazione del transetto, delle absidi e il restauro dell’organo storico.
La basilica fa parte di un ampio complesso architettonico, comprendente la Casa canonica e il Palazzo dei Canonici, in cui hanno sede l’Archivio capitolare della cattedrale e il Museo diocesano d’arte sacra, cui si accede da un cortile (ill. 8) adiacente alla basilica, sulle cui pareti interne sono fissate le numerose iscrizioni recuperate durante i lavori condotti da Zander.
L’edificio si trovava in corrispondenza di una delle antiche porte urbane, all’interno della cerchia muraria della città. L’analisi stilistica consente di datare la chiesa al XVIII secolo. La chiesa fu semidistrutta da un bombardamento durante la seconda guerra mondiale il 21 maggio 1944, che causò la morte di 71 persone. Durante l’episcopato di Pio Leonardo Navarra venne ricostruita dal Governo italiano sotto l’alta direzione del Genio civile di Latina e aperta al culto nel 1949. La chiesa – ancora consacrata, non più officiata – fa parte di un complesso edilizio di cui occupa il lato destro; gli ambienti adiacenti e pertinenti, un tempo costituivano la casa canonica dell’edificio di culto. La facciata su cui è visibile il tetto a capanna, in sommità presenta una vela campanaria con timpano (ill. 12). Un solo portale d’ingresso consente l’accesso all’interno, una navata unica illuminata da finestre e coperta dal tetto sorretto dalla struttura in legno a vista (ill. 13). Il tetto è a falde. La lunga aula, di forma rettangolare, è interrotta da un arcone a tutto sesto che delimita il presbiterio e irrigidisce la struttura; dopo di esso continua nel presbiterio quadrangolare.
La chiesa faceva parte di un monastero benedettino, le cui origini risalgono alla fine del XIII secolo. Alcuni documenti risalenti ai primi anni del secolo XV testimoniano la presenza di una comunità monastica femminile fino al 1462 ca.; in seguito i beni della comunità passavano al Capitolo dei Canonici della cattedrale di Sezze. Nel terzo quarto del XVI secolo le fonti attestano la presenza di un eremita, cui viene affidata la cura della chiesa. Quindi, le notizie riguardanti il complesso architettonico si fanno più rade, contemporaneamente alla sua rovina. La casa canonica distrutta dai bombardamenti durante la seconda guerra mondiale nel 1950 è stata ricostruita sui ruderi rimasti. Tra il 1979 il 1983 la chiesa viene interamente restaurata così come gli affreschi interni. Collocata ad est dell’antico nucleo urbano, la chiesa rurale è preceduta da un portico coperto da una volta a botte (ill. 14). Su questo si apre un bel portale con architrave sorretto da mensole e sormontato da una lunetta. L’impianto è ad aula (ill. 15), in cui il presbiterio è evidenziato da un arco ogivale e rialzato di poco per le esigenze liturgiche. Il lato dell’arcone rivolto verso l’aula è coperto di affreschi, che proseguono anche sui tratti adiacenti delle pareti laterali, su cui sono riconoscibili San Luca e il Profeta Isaia, mentre la parte superiore dell’arco è occupata da una Annunciazione; opere databili alla metà del secolo XVI. Il presbiterio ha le pareti interamente dipinte; sul lato sinistro è raffigurato il Giudizio finale con in cima la Trinità circondata da angeli con gli strumenti della Passione. La parete di fondo è strutturata nella composizione da una complessa architettura dipinta, attorno e all’interno della quale sono raffigurati alcuni santi con al centro Santa Lucia e in alto Gesù Cristo crocifisso. Su una fascia inferiore è leggibile parzialmente una iscrizione dipinta in cui è riconoscibile la data 1554.
Allo stesso periodo è attribuibile il racconto della Genesi (ill. 16) dipinto sulla parete di destra suddivisa da lineari fasce scure in sei riquadri su tre registri: dall’alto la Creazione del cielo e della terra e la Creazione dei pesci e degli uccelli, in basso la Creazione degli animali terrestri e la Creazione dell’uomo e della donna. Le ultime scene molto rovinate – identificabili solo attraverso delle fotografie in bianco/nero del 1971 a corredo della scheda di Catalogo della Soprintendenza competente – sono rispettivamente il Paradiso terrestre e il Peccato originale.
La venerabile Caterina Savelli (1627-1698) fa costruire la chiesa che viene consacrata nel 1687. Nel 1822 la nobildonna Giacinta Pacifici De Magistris fa restaurare la chiesa; una lapide marmorea sulla facciata ricorda i lavori realizzati. Nel 2012 l’edificio è interessato da importanti interventi di restauro della facciata. La chiesa sorge nel centro storico, accanto al Palazzo Pitti. L’edificio presenta una facciata semplice (ill. 20) intonacata su zoccolo in blocchi di pietra, con un bel portale lapideo sormontato da un timpano triangolare e al di sopra una sola finestra centrale; doppie paraste sorreggono un grande timpano. L’interno è costituito da una navata unica coperta da una volta a botte intonacata. Sull’altare maggiore, in legno dorato, è posta una pala raffigurante Sant’Anna con San Giuseppe, Maria e Gesù Bambino (ill. 21).
La chiesa conserva parte dell’originario impianto tardo medievale del XIV secolo. L’ingresso principale è ornato da un portale settecentesco di forma rettangolare e scolpito nella pietra, sobrio nelle decorazioni, sormontato da un timpano triangolare che è presente anche sulla sommità della facciata (ill. 22). Uno zoccolo di circa un metro di altezza e costruito con grossi blocchi di pietra rifinisce la facciata e il fianco sinistro dell’edificio. Nel XIX secolo l’impianto originario subisce modifiche significative con la realizzazione delle cappelle laterali e con la esecuzione di decorazioni a stucco.
La chiesa fa parte di un edificio più ampio, che comprende la sacrestia ed alcuni locali di deposito al piano terreno, mentre una scala interna consente l’accesso ad un alloggio posto al piano primo. L’interno della chiesa è a navata unica coperta da volte a crociera (ill.23). Sul lato nord del presbiterio è annesso un vano semicircolare ed uno soprastante di uguale forma e superficie, corrispondente al volume di una più antica torre facente parte del sistema difensivo urbano. La pianta rettangolare prosegue con un presbiterio, separato dall’aula da un arcone a tutto sesto poggiante su robusti piedritti. L’impianto strutturale è costituito da setti murari e da pilastri in pietra calcarea che sorreggono le crociere All’interno sono presenti elementi architettonici lapidei di linguaggio cistercense e una acquasantiera in forma di conchiglia in breccia nera. Sull’altare maggiore è posta una pala raffigurante la Madonna e Bambino che porgono gli scapolari ai santi Lorenzo e Teresa d’Avila dipinta nel XIX secolo (ill. 24) e su un altare laterale una tela con Sant’Antonio abate entrambi di ambito laziale
La chiesa e il convento, appartenuti originariamente ai monaci cistercensi, furono donati da Bonifacio VIII ai frati conventuali. Il complesso edilizio era situato fuori le mura di cinta della città e sulla sommità di una ripida ed ampia scalinata. La facciata è a capanna semplice ed è rivestita da una cortina di scapoli calcarei ben sagomati e perfettamente aderenti tra loro. In alto, in corrispondenza degli spioventi del tetto, sporge una cornice continua. Al centro si apre un ampio portale, terminante con un arco gotico poco strombato formato da una cornice aggettante e percorso da modanature arrotondate. La porta d’ingresso di forma rettangolare, più recente, è riquadrata da blocchi di calcare. Ugualmente recente è il dipinto sotto l’arco ad ogiva. Ai lati della facciata, sulle pareti degli edifici adiacenti, vi sono due ampi portali ad arco a sesto acuto: quello di destra, ora murato, è inglobato in una muratura ormai interamente rivestita da uno strato di intonaco (ill. 25). L’interno – una unica navata su cui si aprono le cappelle laterali – è coperto da una volta a botte lunettata, su cui si aprono quattro finestroni (ill. 26), frutto dei necessari restauri settecenteschi che cambiano la struttura originaria della chiesa. Risalgono allo stesso periodo le grandi tele a corredo degli altari, oggi non più in sede perché conservate – per motivi di sicurezza – nell’abside centrale della cattedrale di S. Maria, fissate sulle pareti perimetrali in alto sopra il coro.
La chiesa è stata costruita sui resti delle mura poligonali del IV sec. a. C., in prossimità di uno degli antichi ingressi alla città, Porta Pascibella (ill. 27). Al X-XI secolo è databile un affresco con Gesù Cristo crocifisso, dipinto in una nicchia della parete destra dell’aula. A partire dal XIII secolo si hanno notizie storiche certe, anche se della struttura originaria non resta nulla. Fino al XVIII secolo la navata della chiesa si è mantenuta inalterata, quando lungo la parete destra venne aperta una cappella quadrangolare, decorata con elementi architettonici dipinti e coperta da una cupola anch’essa interessata da affreschi. (ill. 28). Durante il secolo XX, negli anni ’20 furono eseguiti importanti restauri e agli anni ’50 risalgono il nuovo altare maggiore e la sopraelevazione di una parte della sacrestia. La chiesa, a navata unica, è coperta da un tetto a padiglione, la cui struttura lignea è chiusa da un controsoffitto piano intonacato. Oltre la parete di fondo, aperta da due passaggi, c’è la sacrestia. Sull’altare maggiore era posizionata la pala d’altare con il Martirio di Santa Parasceve, un dipinto del pittore sermonetano Domenico Fiorentini della fine del XVIII secolo, oggi conservato nella sede locale del Museo diocesano. Sul lato sinistro dell’edificio è impostato un campanile a vela. Sulla controfacciata sono murate due acquasantiere a conchiglia del XVIII secolo.
La congregazione delle convittrici della S. Famiglia, rivolta all’educazione delle giovani donne, fu fondata nel 1717 su ispirazione del pensiero del card. Pietro Marcellino Corradini. L’edificio fu realizzato su progetto dell’architetto Giuseppe Sardi, ristrutturando due palazzi esistenti. La chiesa della S. Famiglia è un edificio barocco, a pianta centrale coperto a cupola con vele. La facciata, debitrice del linguaggio borrominiano, combina andamenti concavi e convessi e presenta l’uso di stucchi a fini decorativi. L’interno è articolato in due cappelle laterali gemelle, il presbiterio con l’altare maggiore e da quattro nicchie sulle pareti minori. Sull’altare di sinistra è collocata una Gloria di S. Margherita da Cortona attribuita agli artisti Marco Benefial e Filippo Evangelisti, sull’altare destro S. Michele arcangelo che scaccia i demoni e S. Antonio abate appare eseguito da Giacomo Zoboli. Sull’altare maggiore la pala è dedicata alla S. Famiglia con i S.S. Giovanni Battista, Gioacchino, Anna, Zaccaria ed Elisabetta (ill. 30), ancora riconducibile alla collaborazione tra Marco Benefial e Filippo Evangelisti. Tutte opere della prima metà del XVIII secolo – commissionate dal cardinale fondatore dell’ordine – attribuite in passato a Sebastiano Conca.
Lo spazio interno dell’edificio di culto – di tipo basilicale a tre navate con transetto e absidi rettangolari – risulta diviso in tre navate, di cui quella centrale ampia e alta circa il doppio delle navatelle (ill. 2). La divisione tra le navate è ottenuta da due file di sette pilastri costruiti con grossi blocchi di calcare. La navata centrale è coperta da una volta a botte lunettata; solo in corrispondenza della prima campata, un tempo corrispondente al presbiterio, è ancora visibile la volta a crociera con costoloni dell’architettura gotica (ill. 3). Le navate laterali sono coperte da volte a crociera. Molti sono gli elementi decorativi di cui alcuni fissi altri mobili. Tra i tanti è d’obbligo citare l’altare maggiore in marmo inserito in un monumentale baldacchino ligneo (ill. 4) – con al centro la statua del patrono san Lidano d’Antena – ispirato a quello berniniano in S. Pietro a Roma, il coro ligneo dell’abside e due leoni stilofori posti sulle volute della facciata.
Nel battistero si può ammirare un tabernacolo marmoreo per gli oli santi (ill. 5) attribuito allo scultore setino Paolo Romano (XV secolo); nello stesso luogo si trovano i resti dell’antico ambone (ill. 6) della cattedrale romanica e la grande vasca battesimale del sec. XVII. Va ricordata inoltre, la grande tela della “Madonna degli orfani” di Bentivegna (1602), il moderno bassorilievo della “Stimmatizzazione di san Carlo da Sezze” e il paliotto marmoreo della Cena di Emmaus (ill. 7), entrambi di L. Venturini (1962). Oltre al corpo del patrono san Lidano d’Antena (1026-1118), nella chiesa madre di Sezze si conserva anche san Leonzio, un martire dei primi secoli del cristianesimo, e le reliquie – traslatevi nel 1999 – del venerabile fr. Bonifacio da Sezze (1747-1799).
Il Palazzo dei Canonici, ove ha sede il polo espositivo, poggia su strutture antecedenti l’epoca romana e conserva alcuni elementi architettonici medioevali. La Sezione di Sezze del Museo diocesano può contare su un totale di 5 sale – sviluppate su due piani – dove sono conservate opere provenienti dalla cattedrale e dalle chiese non più officiate di Sezze. L’allestimento organizzato per tipologie di oggetti – curato dall’Ufficio diocesano per i Beni culturali ecclesiastici – articola l’esposizione nell’ingresso (cattedra episcopale lignea del sec. XVIII e vari dipinti), nella sala dei paramenti (parati liturgici del sec. XVIII, dono del cardinale Pietro Marcellino Corradini), nella sala dei reliquiari (a ostensorio, a tabella, a busto dal sec. XVI al sec. XIX in legno e argento). La sala delle oreficerie conserva una pace del XVI sec. (ill. 9), candelieri e croce, calici, pissidi, ostensori e reliquiari dal sec. XVI al XIX. La sala dei dipinti custodisce, tra le opere, una icona del 1472 con il Cristo Salvatore di Giovanni da Gaeta (ill. 10) e il Martirio di S. Parasceve dipinta verso la fine del sec. XVIII dal pittore sermonetano Domenico Fiorentini (ill. 11).
Nel 1589 la chiesa venne costruita dalla Compagnia di Gesù, come indispensabile completamento del complesso edilizio destinato a collegio, sorto sulla antica acropoli di Sezze. I lavori terminarono nel primo quarto del XVII secolo. Il Seminario si incunea tra le piazze Margherita e de Magistris e si articola su tre livelli attorno a due cortili. La chiesa sorge in prossimità del Palazzo comunale, sulla parte più alta del paese. La facciata (ill. 17) è in mattoni (zoccolo romano) la cui superficie è interrotta da lesene in blocchi regolari di travertino, su cui poggia un timpano con al centro un oculo. Sull’asse della stessa si apre l’unico ingresso costituito da un portale in travertino sormontato dallo stemma dei gesuiti e, al di sopra, da una finestra rettangolare. In adiacenza si staglia il campanile dotato di un orologio. L’impianto è a navata unica con cappelle simmetriche (ill. 18), coperta da un soffitto a cassettoni del XVII secolo con decorazioni pittoriche. L’altare maggiore – adorno di una pala raffigurante i S.S. Pietro e Paolo di scuola romana del XVII secolo (ill. 19) – è affiancato da due statue di scuola berniniana. Nelle cappelle si conservano numerosi dipinti di varie epoche, tra cui un Sacro Cuore di Gesù dipinto nel 1800 dal pittore setino Giuseppe Turchi.
Venne costruita insieme al convento nel 1606 per ospitare la comunità di cappuccini proveniente dall’altro convento setino della Madonna delle Grazie. Fonti documentarie attestano l’esistenza di una antica epigrafe datata 1607 che testimonia la donazione di Giovanni Pilorci – antica e nobile famiglia di Sezze – per grazia ricevuta al fine di costruire il convento. Pilorci ritrovò incolumi i figli persi in un bosco ancora oggi esistente in prossimità dell’edificio sacro. L’episodio è confermato dal dipinto anonimo che è posto sull’altare maggiore. Sulla tela sono riconoscibili i santi Francesco di Assisi, Antonio da Padova, Giovanni Battista. E’ pure presente un frate con una cocolla scura e sullo sfondo si distingue l’episodio delle stimmate del santo di Assisi. Nella parte inferiore sono ritratti il cavaliere Giovanni Pilorci, committente dell’opera e i suoi due piccoli figli (ill. 29). La chiesa viene consacrata nel 1613. Il convento viene soppresso nel 1870, ma i frati vi rimasero fino al 1918. Di proprietà del Comune di Sezze è sede del Liceo classico statale “Pacifici e De Magistris”.
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